È il 12 febbraio 1978 quando la diciottenne Giovanna Amati, figlia di un noto industriale cinematografico, viene rapita davanti al cancello di casa mentre rientra con due amici dopo un pomeriggio al cinema. In quegli anni, a Roma, il pericolo dei rapimenti scardina la tranquillità delle famiglie benestanti, i cui figli vengono mandati in fretta all'estero. Giovanna, però, è rimasta lì. E anche se la rapita è lei, tutti sono ostaggio di quel sequestro: il padre Giovanni, la madre Annamaria e le sorelle, Vittoria e Raffaella, vengono dilaniati dalle ore di attesa, ad aspettare una prova che la ragazza sia viva. Intanto la stampa ha assediato la loro casa e la magistratura ha vietato il pagamento del riscatto. Non sembra esserci via d'uscita fino alla sera del 26 aprile: sotto un diluvio incessante, Giovanni Amati e sua moglie escono di nascosto. Lui stringe una borsa gonfia di contante da consegnare a uno sconosciuto. Dopo 72 giorni e 800 milioni di lire, Giovanna viene liberata. Tutto sembra concluso, ma è solo l'inizio: retroscena inimmaginabili, che sembrano far parte di un disegno più grande, si manifestano con l'imprevedibilità che solo la Vita riserva. "Il destino è quello che è, bisogna rassegnarsi all'imperfezione, o meglio, alla grandissima perfezione del disegno" scrive Vittoria Amati, la maggiore delle tre sorelle. Ed è proprio lei, con la penna coraggiosa di chi sente la ferita bruciare ancora negli occhi e sulla pelle, a raccontarci la tragica vicenda che ha consumato una famiglia romana.