«È meglio adempiere il proprio dharma anche se senza merito (e in maniera imperfetta), che fare bene il dharma di un altro. Chi compie il dovere prescritto dalla propria natura innata non commette peccato.»
(Bhagavadgita, XVIII: 47)
Bhagavadgita
La Bhagavadgita (in sanscrito "Canto del Divino") è quella parte dall'importante contenuto religioso, di circa 700 versi (sloka, quartine di ottonari) divisi in 18 canti (adhyaya, "letture"), nella versione detta vulgata, collocata nel VI parvan del grande poema epico Mahabharata.
Vyasa (o Vyasadeva, solitamente anglicizzato in Vyasa) è una figura molto importante nella religione e letteratura induiste; egli è un rishi, un grande saggio, tuttavia la sua condizione si può considerare pari a quella delle varie divinità. Come Hanuman, è ritenuto essere immortale poiché è uno dei sette Chiranjeevin. Inoltre è un avatar secondario di Vi??u, noto anche come l'Avatar scrittore. Vyasa è considerato il Brahmarishi ideale, onnisciente, veritiero, il più puro tra i puri, il perfetto conoscitore dell'essenza di Brahman. Compare in modo anacronistico in numerosi testi, dall'Induismo più antico a quello più moderno. Gioca un ruolo molto importante non solo nella letteratura, ma anche nella fede di molti credenti indù.
Traduzione a cura di Oreste Nazari.
(Bhagavadgita, XVIII: 47)
Bhagavadgita
La Bhagavadgita (in sanscrito "Canto del Divino") è quella parte dall'importante contenuto religioso, di circa 700 versi (sloka, quartine di ottonari) divisi in 18 canti (adhyaya, "letture"), nella versione detta vulgata, collocata nel VI parvan del grande poema epico Mahabharata.
Vyasa (o Vyasadeva, solitamente anglicizzato in Vyasa) è una figura molto importante nella religione e letteratura induiste; egli è un rishi, un grande saggio, tuttavia la sua condizione si può considerare pari a quella delle varie divinità. Come Hanuman, è ritenuto essere immortale poiché è uno dei sette Chiranjeevin. Inoltre è un avatar secondario di Vi??u, noto anche come l'Avatar scrittore. Vyasa è considerato il Brahmarishi ideale, onnisciente, veritiero, il più puro tra i puri, il perfetto conoscitore dell'essenza di Brahman. Compare in modo anacronistico in numerosi testi, dall'Induismo più antico a quello più moderno. Gioca un ruolo molto importante non solo nella letteratura, ma anche nella fede di molti credenti indù.
Traduzione a cura di Oreste Nazari.