Luisa Cuccu eBooks

eBooks di Luisa Cuccu di Formato Epub
EBOOK   9788834184899

Storia del Parlamento del Regno Unito. E-book. Formato EPUB Luisa Cuccu   -  Publisher S20109, 2019  - 

In questo libro si esaminerà il Parlamento del Regno Unito, partendo dalle origini e ripercorrendo quelle che sono state le tappe decisive per la formazione del Parlamento e la democrazia nel Regno Unito. Montesquieu riconduce le origini del Parlamento inglese alle vecchie assemblee, per quanto riguarda l’Inghilterra al witengemont sassone. Augusto Barbera nel suo libro “I Parlamenti” scrive che «Montesquieu sottolinea come le Camere alte siano composte da persone illustri per nascita, ricchezza o onori; le quali se venissero confuse tra il popolo, e non avessero che una voce come quella degli altri, la libertà comune sarebbe la loro schiavitù e non avrebbero alcun interesse a difenderla perché la maggior parte delle risoluzioni sarebbero contro di loro. La parte che essi hanno nella legislazione deve dunque essere proporzionata agli altri vantaggi di cui essi godono nello Stato; ciò accadrà se formeranno un corpo che abbia il diritto di arrestare iniziative del popolo, come il popolo ha il diritto di arrestare le loro. Siamo di fronte, in questo passo all’esaltazione del principio aristocratico chiamato a fare da contrappeso al principio democratico del principio della continuità contrapposto a quello della mutevole opinione» . Secondo Voltaire invece questo è da considerarsi un errore poiché nei secoli le assemblee popolari sono state assemblee di notabili o di rappresentanti escludendo la democrazia diretta . Dunque «sarebbe una forzatura voler individuare una continuità fra i parlamenti moderni e le assemblee dei cortigiani (cui talvolta sono associati grandi feudatari laici ed ecclesiastici) che si riuniscono nella curia regis per dare solennità con la loro presenza alle principali decisioni del sovrano, per lo più atti di amministrazione della giustizia» . Tra le fasi storiche di maggiore rilevanza nella nascita dei parlamenti e l’evoluzione istituzionale nel Regno Unito fu la concessione della Magna Charta Libertatum nel 1215 da parte di Giovanni Senza Terra ai suoi baroni. La Carta permise ai baroni far valere la propria voce e di effettuare un controllo, soprattutto finanziario, sul Governo e l’operato della Corona. Si ricordi la famosa frase “no taxation without representation” (nessuna tassazione senza rappresentanza) su cui si baserà anche la Costituzione degli Stati Uniti d’America, tuttavia solamente dopo il XV secolo in poi il Parlamento potrà esaminare le richieste di sussidi successivamente alla risposta del sovrano alle petitiones dei parlamentari . Le Provvisioni di Oxford furono un’altra passo importante; furono promulgate nel 1258 e in esse si stabilì che il Re dovesse essere affiancato da un Consiglio. Inizialmente rimasero fuori i ceti minori, finché Simone de Montfort nel 1259 si batté ardentemente per le Provvisioni di Westminster attraverso le quali riuscì a far entrare nel Consiglio due cittadini di ogni borgo per sedere insieme ai pari, ai prelati e ai cavalieri; dando vita in questo modo ai presupposti per la Camera dei Comuni. La strada verso la democrazia e il Parlamento che noi oggi conosciamo è lontana e passa per rivolte, guerre e svariate condanne. La Corona deterrà il potere e la supremazia sul Parlamento e il Gabinetto per secoli, utilizzandolo a proprio favore e per far approvare le sue leggi senza opposizione alcuna.

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EBOOK   9788834185001

Storia della burocrazia italiana. E-book. Formato EPUB Luisa Cuccu   -  Publisher S20109, 2019  - 

In Italia alla data dell’unificazione nel 1861 non si possedeva ancora un vero e proprio apparato burocratico. Rispetto ad altre realtà europee che avevano realtà amministrative e istituzionali ben strutturate nei loro territori, al contrario l’Italia ne era priva. Ci vorranno diversi decenni per fare in modo che in Italia si formi una classe burocratica che si identifichi e si rappresenti in quanto tale e che venga riconosciuta dai cittadini. In una prima fase il numero dei burocrati sul territorio nazionale era piuttosto esiguo e per niente strutturato; vi era un distacco tra l’apparato burocratico-amministrativo e il cittadino medio, gli stessi impiegati lavoravano in comparti stagni comunicando tra loro solamente in maniera verticale. Un allargamento vero e proprio si avrà con Giolitti nei primi del Novecento, in cui si arriverà a parlare di elefantiasi burocratica. In questi anni l’amministrazione crebbe sia dal punto di vista numerico che dal punto di vista dei diritti sociali e di status sociale. In quanto a status sociale il livello massimo venne raggiunto ai tempi del fascismo, periodo in cui il burocrate diventò funzionale all’esistenza del fascismo stesso e alla sua capillarizzazione nel territorio italiano (a livello provinciale e comunale). La burocrazia in cambio ottenne uno status sociale privilegiato e un riconoscimento senza eguali. Dopo la Seconda guerra e la caduta del fascismo nel 1943, l’Italia si trovò dinnanzi al problema dell’epurazione. Fu coinvolta in questa fase anche la burocrazia che per tutto il ventennio fascista era stata una classe privilegiata e di prestigio e funzionale al Partito fascista. Il fatto che la burocrazia fosse capillarizzata nel territorio non permise il compimento dell’epurazione. Tra gli anni Sessanta e Settanta ci si trovò davanti a una burocrazia che necessitava di essere riformata e che nutriva il bisogno di riacquistare una nuova identità e nuovamente un suo status; il tutto sempre accompagnato dalla crescente necessità di far quadrare i conti e di dare una risposta al personale fuori ruolo che in passato era comunemente conosciuto come avventizio. Gli anni Ottanta e Novanta furono focalizzati a trovare una soluzione ai tanti problemi legati all’amministrazione e alla burocrazia, prima con Cassese nel 1993 e successivamente con Bassanini dal 1996 fino al 2001, tuttavia si scontrarono con un muro innalzato da un apparato non intenzionato al cambiamento.

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EBOOK   9788829543939

Il cane a sei zampre la storia dell'Eni di Enrico Mattei. E-book. Formato EPUB Luisa Cuccu   -  Publisher S20109, 2018  - 

Uno dei fattori che impedirono all'Italia di entrare a far parte, insieme con le altre nazioni europee, della moderna società industriale fu la mancanza di fonti di energia abbondante e a buon mercato. In Italia la sostituzione del petrolio con il carbone avvenne più velocemente che non in altri Paesi europei: la posizione geografica dell'Italia rese più conveniente l'utilizzo del greggio mediorientale che non del carbone proveniente dall'Europa centrale; inoltre, l'Italia era pressoché priva di giacimenti carboniferi (quelli presenti in Sardegna erano insufficienti in termini quantitativi e qualitativi, a causa della presenza di alte percentuali di zolfo) e quindi non si dovette affrontare, se non in misura limitata, il problema della riconversione del capitale finanziario e umano utilizzato nell'estrazione del carbone, né conseguenti problemi sociali che sarebbero derivati dalla riduzione delle attività estrattive. I Paesi europei ricchi di carbone, come Belgio, Francia, Germania e Gran Bretagna, preferirono non abbandonare in tempi rapidi l'utilizzo di questa risorsa naturale, sia per non rinunciare alla sicurezza degli approvvigionamenti che derivava dalla presenza di importanti giacimenti all'interno del loro territorio, sia per evitare le difficoltà di carattere economico e sociale che sarebbero sorte da una rapida transizione. L'Italia importava quasi tutto il suo fabbisogno di petrolio, il che contribuiva ulteriormente a ridurre la bilancia valutaria e a limitare l'espansione. Con la legge del 3 aprile 1926 il governo di Benito Mussolini creò un'impresa di Stato, l'Azienda Generale Italiana Petroli (AGIP). Fu fondata come società per azioni di cui lo Stato deteneva l'intero capitale che equivaleva a 100 milioni di lire. Il fine era di individuare giacimenti petroliferi in Italia, ma anche il proposito più vasto di trovare soluzioni al problema della carenza di petrolio. L'Agip mostrò subito una particolare attitudine a muoversi sulla scena internazionale e, nei suoi primi anni di attività, individuò nella politica di accordi diretti con i Paesi produttori l'obiettivo prioritario della questione petrolifera italiana e, nonostante gli ostacoli frapposti dalle grandi compagnie straniere smisuratamente più ricche e potenti, riuscì a sviluppare un'intensa azione. Fu fallimentare la ricerca del petrolio da parte dell'Agip, infatti vennero scavati 350 pozzi tra Albania, Ungheria, Romania e Italia senza alcun successo e riscontro economico positivo. L’azienda risaliva dunque all’epoca fascista e già durante la guerra maturava il pensiero di disfarsi di questo ente che non aveva mai portato utili all'economia italiana, di liberarsi, dunque, della compagnia che al fine di trarre qualche beneficio aveva finito per cedere a cifre irrisorie anche quelle concessioni in Iran che avrebbero potuto far guadagnare del denaro. Poco prima del 25 aprile del 1945 la commissione del Clnai si riunì per decidere sulle aziende e gli enti controllati dallo Stato. Per l'Agip ormai era arrivata l'ora della liquidazione. Bisognava selezionare un commissario incaricato per la chiusura dell'azienda e per l'incarico venne scelto Enrico Mattei, il quale all'epoca possedeva una fabbrica per la lavorazione di oli e solventi industriali. In questo libro ci occuperemo di Enrico Mattei, che da liquidatore dell'Agip divenne il nuovo deus ex machina di questo ente riformato. Non solo Mattei riqualificò l'Agip, ma diede vita a uno dei più grandi enti petroliferi mondiali, l'Eni, divenendo l'attore principale della politica estera italiana del suo tempo. Al fine di compiere la trattazione, si è seguita la seguente struttura, partendo dalla riqualificazione dell'Agip da parte di Enrico Mattei e passando per la fondazione dell'Eni e i non sempre facili rapporti con la politica italiana. Successivamente affronteremo il tema dell'azione sul Mediterraneo e nel nord Africa, tenendo conto di tutti gli attori che operavano contemporaneamente all'ente italiano nel...

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