Manuel Chaves Nogales eBooks
eBooks di Manuel Chaves Nogales di Formato Epub
Manuel Chaves Nogales nasce a Siviglia, in Spagna, nel 1897. Nel 1922 si trasferisce con la moglie e la figlia a Madrid dove lavora a El Heraldo de Madrid. Nel 1931 assume la direzione di Ahora, giornale repubblicano vicino al presidente Manuel Azaña. Nel 1934 pubblica El maestro Juan Martínez que estaba allí, in cui narra la storia di uno scapestrato ballerino di flamenco, travolto dalla Rivoluzione d’Ottobre mentre era in tournée in Russia.
Nel 1935 pubblica Juan Belmonte, matador de toros, su vida y sus hazañas, la biografia di uno dei toreri più amati di Spagna. In esilio a Parigi dal 1936 al 1940, anno in cui si rifugia a Londra, muore nel 1944.
Presso Neri Pozza nel 2014 sono apparsi Agonia della Francia e Juan Belmonte matador de toros
A ferro e fuoco. E-book. Formato EPUB Manuel Chaves Nogales - La Nuova Frontiera, 2015 - Cronache Di Frontiera
'A ferro e fuoco' è il titolo che Manuel Chaves Nogales ha dato a una raccolta di nove racconti sulla guerra civile spagnola. Nelle pagine del libro l'autore ritrae con maestria un Paese che, dopo il crollo della Repubblica, è attraversato da bande di avventurieri che in nome dell'ideologia sono pronte a compiere le più nefande efferatezze. Nelle sue parole però non c'è nessuna traccia di un'ipocrita equidistanza, ma solo la tensione caratteristica del buon giornalismo che si batte per la ricerca della verità. 'A ferro e fuoco' è un'opera fondamentale, che s'inserisce nella tradizione di 'Omaggio alla Catalogna' di George Orwell, necessaria ora più che mai per rileggere, sotto una nuova luce, la recente storia d'Europa.
Juan Belmonte matador de toros. E-book. Formato EPUB Manuel Chaves Nogales - Neri Pozza, 2014 -
«L’età classica della corrida finì un giorno del 1914 dal barbiere. Un giovanotto dalla bazza pronunciata entrò in un famoso salone della madrilena calle Sevilla e sistemandosi sulla poltrona ordinò: “Barba e capelli. Ma prima mi tagli il codino” [...] Era un matador di 22 anni in rapinosa ascesa [...] Voleva solo cortarse la coleta, anacronistico cascame settecentesco, prolungando sin nel look la rivoluzione modernista che aveva appena avviato nelle plazas de toros. Di lì in poi la storia della tauromachia si sarebbe divisa in un prima e un dopo Belmonte [...]. Ma in che cosa consisteva la renovatio belmontina? Senza entrare in discettazioni erudite (quelle sulla corrida possono essere di complessità e raffinatezza quasi talmudiche), essenzialmente nel fatto che il toro non veniva più affrontato muovendosi sulle gambe, ma lasciandole ferme e guidandolo con un gioco di braccia [...]. L’antica lidia, il combattimento intrepido ma scomposto, veniva così incanalata nelle tecniche, le astuzie, i confini sempre mobili del toreo; ossia dentro un’estetica, una forma [...]. Per sei anni leggendari, la Edad de oro 1914-20, [Juan Belmonte] dividerà il podio con Joselito El Gallo, o Gallito [...] ultimo gigante della classicità torera [...]. Vedovato dell’antagonista, suo doppio e rovescio, Belmonte la farà da padrone [...]. Tra una corrida e l’altra legge Anatole France, Maupassant [...]. Prende a frequentare artisti e scrittori. Piace all’intellighenzia e l’intellighenzia piace a lui. È in una tertulía, un simposio da caffè, che l’illustre giornalista Chaves Nogales lo incontra per la prima volta negli anni Trenta. Un coup de foudre [...] A forza di chiacchierare, Chaves decide di raccogliere le memorie di Belmonte in una serie di conversazioni che, rielaborate letterariamente, usciranno a puntate sulla rivista Estampa tra giugno e dicembre 1935. In seguito verranno riunite nel volume Juan Belmonte, matador de toros. Manuel Chaves Nogales ne è l’autore, ma – tempo una quindicina di pagine – si eclissa. Sparisce, per lasciare la parola unicamente all’intervistato, che fino alla fine si racconta in prima persona come in un’autobiografia. Il libro è la saldatura di due energie modernizzatrici, di due talenti: quello dell’affabulazione orale in cui il torero eccelle e quello stilistico di un pimpante reporter che in Spagna sta svecchiando la scrittura giornalistica» (Marco Cicala). «Una biografia che si legge come un romanzo». Javier Marías In quarta: «Uno dei migliori libri del XX secolo spagnolo». Eduardo Jordá «Appena sceso dal treno, mi trovai strizzato da un’imponente folla che riempiva le banchine. Triana era scesa in massa alla stazione a ricevere il suo Juan. All’uscita dalla stazione, con migliaia di persone che gridavano: «Viva Belmonte!» fino a perdere la voce, si creò un vero e proprio corteo, alla cui testa stavo io, materialmente pressato dalla folla, che a tratti mi sollevava portandomi in spalla e mi faceva ondeggiare come una bandiera al di sopra delle teste».
Agonia della Francia. E-book. Formato EPUB Manuel Chaves Nogales - Neri Pozza, 2014 -
Nel 1937 Manuel Chaves Nogales approda a Montrouge, un sobborgo operaio alle porte di Parigi. Fugge da un Paese, la Spagna, dove è un tipo «perfettamente fucilabile» dai due contendenti in guerra: dai comunisti guidati da Mosca, e dai fascisti foraggiati da Roma e Berlino. È, come lui stesso ama definirsi, un «cittadino di una repubblica parlamentare e democratica» che, andata velocemente in malora, non concede altra scelta che l’esilio a un giornalista e scrittore figlio della piccola borghesia liberale sevigliana. A Montrouge, la République gli procura un appartamento popolare d’antico decoro dove sistemarsi con moglie e figli. Reportero di fama, autore di una brillante biografia di Juan Belmonte – il grande matador, il torero bohémien che frequentava artisti e leggeva Maupassant – Chaves si ritrova a Parigi «insieme agli scarti dell’umanità che la mostruosa macchina degli Stati totalitari va producendo». Un demi-monde di esclusi, reprobi, sconfitti: pope russi, ebrei tedeschi, rivoluzionari italiani. Accomunati tutti da «un obiettivo inaccessibile»: ottenere «una patria d’elezione, una nuova cittadinanza» nel Paese che, ai loro occhi, è «una creazione spirituale ottenuta in venti secoli di civiltà», il luogo dove impera da sempre «la fede naturale dell’uomo in ciò che è umano». Verranno traditi, e le pagine di questo libro costituiscono la cronaca diretta, vertiginosa, iconoclasta, scritta a caldo di tale tradimento che trova il suo culmine nel giorno di giugno del 1940 in cui le truppe naziste occupano Parigi, ma che ha un lungo e doloroso decorso. Nell’agosto del 1939, alla firma del patto Hitler-Stalin, la Francia scatena la caccia al Rosso e a tutto quanto gli assomigli. I comunisti, «sottoposti a inutili e costanti vessazioni da parte della polizia», vengono spinti nell’illegalità. Il 3 settembre 1939, dichiarata guerra alla Germania, indesiderabile non è più soltanto il Rosso ma lo straniero tout court, anzi lo sporco straniero, le sale métèque, la schiuma della terra, secondo la tetra espressione diventata poi il titolo del celebre libro di Arthur Koestler. Si internano antifascisti spagnoli, italiani, tedeschi, est-europei. E tutto precipita. Si sfascia. In una indolente apocalisse. Nell’«inumana indifferenza delle masse». La Francia, lo Stato «erede della civiltà greco-latina», crolla e scompare per sempre e il suo popolo cade in schiavitù «senza che l’autobus abbia smesso di passare a un’ora precisa». In un domenicale après-midi, mentre i nazisti dilagano, a Parigi la gente sciama fuori dai cinema. In tempo per l’aperitivo al bistrot… Manuel Chaves Nogales nasce a Siviglia, in Spagna, nel 1897. Nel 1922 si trasferisce con la moglie e la figlia a Madrid dove lavora a El Heraldo de Madrid. Nel 1931 assume la direzione di Ahora, giornale repubblicano vicino al presidente Manuel Azaña. Nel 1934 pubblica El maestro Juan Martínez que estaba allí, in cui narra la storia di uno scapestrato ballerino di flamenco, travolto dalla Rivoluzione d’Ottobre mentre era in tournée in Russia. Nel 1935 pubblica Juan Belmonte, matador de toros, su vida y sus hazañas, la biografia di uno dei toreri più amati di Spagna. In esilio a Parigi dal 1936 al 1940, anno in cui si rifugia a Londra, muore nel 1944.