Silvia Rizzello eBooks

eBooks di Silvia Rizzello
EBOOK   9788861536876

A scuola il mondo conta: Percorsi e attività di mediazione e comunicazione interculturale. E-book. Formato EPUB Silvia Rizzello   -  Edizioni La Meridiana, 2019  - 

Nella stesura di questo lavoro c’è un solo punto di partenza: lo sguardo, sempre diverso ma vivo, di tanti bambini, giovani e adulti eredi di una o più culture in movimento nel Belpaese. Un transito di culture, questo, che produce inizialmente un senso di “stranierità”, il primo step di un processo in cui l’entrare in contatto con una persona di cultura straniera, sconosciuta, diversa, obbliga al “confronto/scontro” tra menti diverse.I disagi che ciò comporta coinvolgono tutti (autoctoni, vecchi e nuovi arrivati), senza alcuna distinzione di sorta (studenti, dirigente, insegnanti, personale ausiliario, amministrativo, esperti esterni, incluso lo stesso mediatore interculturale).Quanto accade nella Scuola, dunque, non è altro che lo specchio fedele di ciò che avviene fuori, nella vita di tutti i giorni.Le nostre radici culturali, che devono pur restare quale tratto distintivo dell’identità di ciascun individuo, dovrebbero essere considerate una delle tante sfumature di una tavolozza di colori da cui tutta la collettività possa attingere e trarne giovamento, con l’obiettivo di cogliere il meglio di ogni cultura per una società interconnessa in cui ognuno possa occupare un posto, rivestire una funzione, quella più consona alle proprie caratteristiche, attitudini ed esperienze, per la realizzazione del bene comune. Meglio, quindi, educare alle sfumature, alla pluralità, insegnare che nelle diversità c’è più gusto.Il metodo proposto in queste pagine, adottato e sperimentato dall’autrice, è da intendersi come un preparare il terreno a diventare fertile in una realtà sempre più plurale, a misura di differenze e in un mondo così “networkizzato” come quello di oggi, dove i confini spazio-temporali stanno scomparendo.Perché nella mediazione interculturale ciò che conta non è il risultato, come dall’alto di una cattedra ci hanno insegnato, ma quello che accade proprio dal basso, in maniera orizzontale; appunto, tra i banchi di scuola.

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EBOOK   9788898773589

Riso FuorisedeFavola agrodolce. E-book. Formato EPUB Silvia Rizzello   -  Kurumuny Editore, 2016  - 

«Iniziò da un funerale.Anzi ricominciò tutto da un funerale. Da un funerale ivoriano, in una chiesa cattolica del sud Italia, una mattina di settembre, con un sole che sembrava ancora estate. A Bari.Era morta Thérèse, la mamma di Lilou.Tra le righe di una preghiera a un Dio apolide, Priscilla ritrovò, senza il minimo sforzo, tutto il film di una vecchia storia».In una concezione circolare del tempo che è tutta africana, l’improvvisa dipartita di Thérèse è occasione di ritorni: di un viaggio emozionale a ritroso negli anni, fino ai primi Novanta, quando Bari è città di transito e frontiera, vivace laboratorio urbano di scambio interculturale che assiste, con lo sbarco dei primi ventimila albanesi, all’arrivo di un’epoca nuova. Degli anni dei fuorisede che hanno appena vissuto la Pantera, delle Case dello Studente e delle mense universitarie, di memorabili concerti alle Feste dell’Unità, di lavoretti precari e più neri del nero per alzare due lire; dei giorni in cui per telefonare a casa si faceva la fila per ore alle cabine telefoniche con la scheda truccata. Dei tempi in cui casa Lilou, nel colorato caos del quartiere Madonnella, è porto di mare e accogliente ritrovo: «Dovevi cercare lavoro? Cenare dopo il Ramadan? Non sapevi dove dormire? C’era Lilou. Sempre Lilou». L’amicizia fra Lilou e Priscilla nasce nel settembre del ’92, in una finestra fra due mondi aperta da un capriccio del caso in un’affollata corsia del Policlinico. Priscilla Verieri è un’adolescente al quarto anno del liceo artistico, figlia unica di un’agiata coppia di avvocati, con un brillante futuro già ipotecato nello studio legale di famiglia; Lilou Martin un’ivoriana ventiquattrenne, venuta da Man qualche anno prima in attesa di un figlio bianco, col sogno del Belpaese dipintole dal fidanzato italiano, e un presente da madre sola, di salute cagionevole, con un impiego precario alla mensa universitaria e un piccolo sussidio ottenuto grazie all’amico sindacalista Konè. Lilou vive con il suo bimbo Sébastien e il cagnolone Amour, che gli amici le hanno regalato per lenire il dolore dell’abbandono, in una casa dove trovano posto elefanti di legno, grandi pagne variopinti, «souvenir d’Avorio, tazzine da caffè e buone porcellane messe in vetrina come in ogni casa del sud Italia che si rispetti». Così, a casa Lilou, intorno alla tavola imbandita di piatti fumanti di foutou e riz gras, fra interminabili partite di awalé e il lesto ripetitivo intrecciare di capelli e racconti, s’incontrano vite lontane e diverse, e una tavolozza di carnagioni che spazia dal latte scremato al cioccolato fondente, e le conversazioni si allungano nella notte saltando in tutta naturalezza dall’italiano al francese alla lingua yacouba, dall’arabo al greco al dialetto barese. Amalgama di questa umanità esule, di queste variopinte identità “diversamente culturali”, è il riso, nutrimento del corpo e dell’anima: il riso nel suo duplice significato di alimento fondamentale di tanta parte dell’umanità, e di scatto liberatorio, che scardina i recinti della cosiddetta normalità e insegna «il gusto delle differenze, in questo gioco buffo che è la vita».

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Riso FuorisedeFavola agrodolce. E-book. Formato Mobipocket Silvia Rizzello   -  Kurumuny Editore, 2016  - 

«Iniziò da un funerale.Anzi ricominciò tutto da un funerale. Da un funerale ivoriano, in una chiesa cattolica del sud Italia, una mattina di settembre, con un sole che sembrava ancora estate. A Bari.Era morta Thérèse, la mamma di Lilou.Tra le righe di una preghiera a un Dio apolide, Priscilla ritrovò, senza il minimo sforzo, tutto il film di una vecchia storia».In una concezione circolare del tempo che è tutta africana, l’improvvisa dipartita di Thérèse è occasione di ritorni: di un viaggio emozionale a ritroso negli anni, fino ai primi Novanta, quando Bari è città di transito e frontiera, vivace laboratorio urbano di scambio interculturale che assiste, con lo sbarco dei primi ventimila albanesi, all’arrivo di un’epoca nuova. Degli anni dei fuorisede che hanno appena vissuto la Pantera, delle Case dello Studente e delle mense universitarie, di memorabili concerti alle Feste dell’Unità, di lavoretti precari e più neri del nero per alzare due lire; dei giorni in cui per telefonare a casa si faceva la fila per ore alle cabine telefoniche con la scheda truccata. Dei tempi in cui casa Lilou, nel colorato caos del quartiere Madonnella, è porto di mare e accogliente ritrovo: «Dovevi cercare lavoro? Cenare dopo il Ramadan? Non sapevi dove dormire? C’era Lilou. Sempre Lilou». L’amicizia fra Lilou e Priscilla nasce nel settembre del ’92, in una finestra fra due mondi aperta da un capriccio del caso in un’affollata corsia del Policlinico. Priscilla Verieri è un’adolescente al quarto anno del liceo artistico, figlia unica di un’agiata coppia di avvocati, con un brillante futuro già ipotecato nello studio legale di famiglia; Lilou Martin un’ivoriana ventiquattrenne, venuta da Man qualche anno prima in attesa di un figlio bianco, col sogno del Belpaese dipintole dal fidanzato italiano, e un presente da madre sola, di salute cagionevole, con un impiego precario alla mensa universitaria e un piccolo sussidio ottenuto grazie all’amico sindacalista Konè. Lilou vive con il suo bimbo Sébastien e il cagnolone Amour, che gli amici le hanno regalato per lenire il dolore dell’abbandono, in una casa dove trovano posto elefanti di legno, grandi pagne variopinti, «souvenir d’Avorio, tazzine da caffè e buone porcellane messe in vetrina come in ogni casa del sud Italia che si rispetti». Così, a casa Lilou, intorno alla tavola imbandita di piatti fumanti di foutou e riz gras, fra interminabili partite di awalé e il lesto ripetitivo intrecciare di capelli e racconti, s’incontrano vite lontane e diverse, e una tavolozza di carnagioni che spazia dal latte scremato al cioccolato fondente, e le conversazioni si allungano nella notte saltando in tutta naturalezza dall’italiano al francese alla lingua yacouba, dall’arabo al greco al dialetto barese. Amalgama di questa umanità esule, di queste variopinte identità “diversamente culturali”, è il riso, nutrimento del corpo e dell’anima: il riso nel suo duplice significato di alimento fondamentale di tanta parte dell’umanità, e di scatto liberatorio, che scardina i recinti della cosiddetta normalità e insegna «il gusto delle differenze, in questo gioco buffo che è la vita».

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