Notarbartolo Emanuele Libri
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Chi ha ucciso Emanuele Notarbartolo? Il primo omicidio politico-mafioso Ciconte Enzo - Salerno Editrice, 2019 - Aculei
Sicilia, 1° febbraio 1893, sera. Un uomo rientra dal lavoro in treno. A casa lo aspettano. Con la complicità del buio e del frastuono di una galleria, qualcuno si avvicina e lo ferisce a morte con dodici coltellate. La vittima del feroce omicidio viene ritrovata riversa ai margini delle rotaie, senza documenti. Si scoprirà presto la sua identità: si tratta di Emanuele Notarbartolo, ex direttore del Banco di Sicilia ed ex sindaco di Palermo, personalità incorruttibile in una Sicilia di fine Ottocento dove politica e potere, nobiltà, borghesia e magistratura, non sempre hanno comportamenti cristallini. Chi ha ucciso Notarbartolo? Ma soprattutto, perché è stato ucciso? Enzo Ciconte ripercorre le indagini e i processi che seguirono a quel crimine, attraverso la ricostruzione del clima e del contesto politico di una Italia che, per certi aspetti, non appare cosí diversa da quella di oggi. In primo piano troviamo Crispi, Giolitti, Rudiní, Zanardelli, Turati, i Florio, Codronchi, Mirri, Pelloux, Sangiorgi. Seguendo l'appassionante trama di un saggio storico scritto come un giallo giudiziario, l'autore scopre, tramite la lettura di documenti d'archivio inediti, risvolti poco noti, misfatti, depistaggi e moventi del primo omicidio politico-mafioso della storia italiana.
Mio padre, Emanuele Notarbartolo Notarbartolo Leopoldo - Sellerio Editore Palermo, 2018 - La Diagonale
Emanuele Notarbartolo, ex sindaco di Palermo, ex direttore del Banco di Sicilia (allora tra i maggiori istituti bancari d'Italia), esponente di spicco della Destra storica, aristocratico, uomo con fama di onestà specchiata, fu ucciso il 1° febbraio 1893 sul treno che lo riportava a casa dalle sue terre di Termini Imerese. Fu il primo cadavere eccellente di Cosa nostra. Mandante, l'onorevole Raffaele Palizzolo, poi incredibilmente assolto, che il politologo Gaetano Mosca descriveva così: «Egli accoglieva tutti, prometteva a tutti, stringeva a tutti la mano, chiacchierava infaticabilmente con tutti», prototipo di tutti i futuri politici collusi. Notarbartolo pagava con la vita l'essersi messo in mezzo negli affari della rampante borghesia mafiosa. Ma contemporaneamente la sua morte, fortemente simbolica, apriva una nuova fase nel potere mafioso che migliorava la sua posizione sociale e incrementava i rapporti con lo stato. Una sporca storia della Palermo Felicissima dei Florio, nella realtà assai meno immacolati che nel loro mito. In quella banca era stato un risanatore di crediti facili agli amici e di buchi di bilancio per speculazioni di potenti. Era quindi un bersaglio isolato, un elemento evidentemente anomalo nella storia fatale di una città e di un'isola destinate, sembra, a coniugare più o meno sempre lo sviluppo con l'affarismo politico criminale. Il figlio Leopoldo scrisse questa memoria (finora inedita nella sua stesura integrale), poi stampata in pochi esemplari nel 1949, quando il ricordo del padre rischiava di spegnersi. Storia di un uomo onesto in un'Italia che
L'ultimo canto del cigno. Il delitto Notarbartolo a Firenze (un processo di mafia) Franchi Anna De Troja E. (Cur.) - Firenze University Press, 2019 - Fonti Storiche E Letterarie
L'uccisione per mano della mafia nel 1893 di Emanuele Notarbartolo, ex direttore del Banco di Palermo, rappresenta un avvenimento controverso e oscuro della storia italiana. Tre i processi (Milano, Bologna, Firenze) che vedono coinvolto anche un deputato siciliano: Raffaele Palizzolo. Il lavoro di documentazione di Anna Franchi si svolge in corte d'Assise di Firenze: sempre presente alle udienze, osservatrice implacabile sia del fenomeno 'mafia' sia di quel vero e proprio teatro di testimonianze, confessioni, ritrattazioni, false piste che caratterizzarono il processo fiorentino (1903-1904). Si è potuto integrare ampiamente il resoconto della Franchi con il ritrovamento all'Archivio di Stato di Firenze di tutto il faldone relativo al processo, circa 1500 pagine manoscritte, opera dei vari cancellieri che si sono susseguiti. Il processo si concluse in una assoluzione generale per mandanti ed esecutori per mancanza di prove. L'onore della Sicilia era salvo per alcuni, la verità insabbiata per sempre per molti altri.