Canciullo Giovanna Libri
Libri di Giovanna Canciullo
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La ferrovia siciliana tra arretratezza e sviluppo. Secoli XIX-XX Canciullo Giovanna - Maimone, 2016
Questo libro racconta la storia delle ferrovie in Sicilia. Se le prime linee vennero realizzate per motivazioni commerciali legate allo zolfo e al vino, in seguito esse saranno utilizzate prevalentemente da passeggeri. Una storia economica che però rivela una dimensione politica: la classe dirigente locale infatti costruì la propria fortuna sulla domanda di infrastrutture; quasi ogni comune avrebbe lottato per guadagnarsi la sua stazione.
Terra e potere. Gli usi civici nella Sicilia dell'Ottocento Canciullo Giovanna - Maimone, 2002 - Viridaria
Terra e potere. Gli usi civici nella Sicilia dell'Ottocento - Maimone
Da serraglio a istituto di pubblica assistenza. Storia dell'«Albergo generale dei poveri Ventimiglia» di Catania Canciullo Giovanna - Bonanno, 2012 - Storia E Politica
Sullo sfondo di una Catania ancora in macerie per il sisma del 1693, durante una carestia che investì l'isola, il vescovo della città Salvatore Ventimiglia, cadetto di una ricca e potente famiglia palermitana, sospettato forse ingiustamente di simpatie massoniche e gianseniste, fondò insieme ad alcuni alti prelati e aristocratici discendenti delle poche famiglie nobili sopravvissute al terremoto un istituto per accogliere i poveri e gli accattoni che avevano invaso le strade. Nel ripercorrere le vicende del ricovero possiamo ricostruire la quotidiana miseria di oscure vite di indigenti. Lungo i secoli il patrimonio dell'istituto si sarebbe accresciuto grazie alle elargizioni di benefattori uomini e patronesse: un'articolata galleria di ritratti umani che contano ecclesiastici d'alto rango, nobili ma anche esponenti dell'emergente ceto medio. Tra Sette e Ottocento la storia dell'Albergo rivela un intenso intreccio tra miseria e ricchezza grazie al ruolo assunto dall'istituto all'interno del tessuto economico urbano, attraverso la costante erogazione di crediti all'élite locale. Il testo si conclude con uno sguardo sulla legislazione fascista che avrebbe modificato il nome degli istituti assistenziali in IPAB portando così a compimento quel lungo processo che, già inaugurato da Crispi, avrebbe tentato di imporre il controllo statale e il principio di 'pubblico' sui limiti privatistici e localistici che avevano caratterizzato le opere pie fin dalla loro fondazione.