Devidayal Namita Libri
Libri di Namita Devidayal
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9788854509658 Dolceamaro a Bombay
Dolceamaro a Bombay Devidayal Namita - Neri Pozza, 2011 - Le Tavole D'oro
In un ospedale di Bombay, durante Diwali, la festa indiana della prosperità, Bimbla Kulbhushan Todarmal, universalmente nota come Mummyji, si appresta a lasciare questo mondo. Al suo capezzale sono accorsi i quattro figli, che più che afflitti dal dolore sembrano impazienti di congedarsi lestamente dalla madre. Mummyji è stata per tutta la sua vita una donna forte. Ha creato dal nulla una prospera attività di produzione e commercio di dolci, onorando così la business class dei banyia cui appartiene. In questo modo, tuttavia, i suoi quattro figli sono cresciuti all'ombra di una carismatica figura che, sull'altare degli affari, ha sacrificato più di una ragione del cuore. Rajan Papa ha grossi guai economici, una moglie viziata e un figlio adolescente che teme di rivelare ai genitori la propria omosessualità. Suman ha un matrimonio ricco ma infelice. Sunny ha studiato negli Stati Uniti e, in nome delle leggi sovrane del moderno marketing, ha estromesso dall'attività familiare il fratello maggiore, reo di avere una gestione all'antica, troppo umana in un'epoca in cui il profitto non guarda in faccia nessuno. Saroj è stata convinta dalla madre a lasciare l'amato marito caduto in miseria, e vive ora nel rimpianto della felicità perduta. Mentre la statua di Laxmi, la dea della prosperità interiore, li guarda perplessa, la perfida progenie sembra interessata solo ad accaparrarsi l'eredità materiale della madre. Mummyji, però, sembra non volersi congedare tanto in fretta da questo mondo.
La Stanza della musica Devidayal Namita - Neri Pozza, 2009 - Le Tavole D'oro
È un pomeriggio d'estate a Bombay nel quartiere malfamato di Kennedy Bridge. A partire dalle prime ore del pomeriggio, i marciapiedi davanti ai bordelli e ai ritrovi per soli uomini si riempiono di sguardi equivoci e indiscreti. Proprio nei pressi dei bordelli, in fondo alla strada, vive Dhondutai, la grande musicista, l'allieva di Bhurji Khan, il figlio di Alladiya Khan, il leggendario fondatore del gharana di Jaipur, una delle più antiche scuole di musica classica indiana, e di Kesarbai, la cantante celebre per essere stata una donna senza peli sulla lingua, ma che quando intonava un raga di straordinaria bellezza dietro l'altro trascendeva davvero la sua natura mortale. Sono le cinque, quando Namita e sua madre arrivano a casa di Dhondutai. Namita ha dieci anni e un solo desiderio: fare sua la divina arte dei raga. La sua futura insegnante la accoglie con un sorriso angelico. Alta più o meno un metro e mezzo, porta una sari bianca, stirata e inamidata con cura. Ha i capelli neri cosparsi da un'abbondante dose di olio e un aspetto sorprendentemente giovanile. La fa subito entrare nella stanza della musica: una cameretta angusta, con due lucidi tanpura appoggiati alla parete, i muri spogli, a parte una fotografia ingiallita dei genitori, un Ganesh in technicolor, ritagliato dal vecchio calendario di un'industria farmaceutica, e il ritratto di Kesarbai Kerkar, con il capo coperto da una sari bianca, i capelli con la riga da una parte e un filo di perle al collo.