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Oratorio Carmelo Bene Manganaro Jean-Paul - Il Saggiatore, 2022 - La Piccola Cultura
Un palco buio, un volto bianco, gli occhi come pozze nere. Le movenze scattanti, la voce profonda e le parole perentorie di Carmelo Bene. Ciò che la sua bocca carnosa, erotica, pronuncia è il frutto di un procedimento che senz'altro appartiene a una forma rivoluzionaria di arte. Poesia? Sì, quella di Dante, Majakovskij, Shakespeare. Eppure la carica è diversa, contemporanea; in ogni performance brucia il fiato del tempo presente, vibra un furore corporale, pancreatico. L'opera di Carmelo Bene ha attraversato un'intera epoca e ha segnato come poche altre le arti performative del nostro paese. Jean-Paul Manganaro ne compone un ritratto al vivo: 'Oratorio Carmelo Bene' è romanzo, autobiografia, saggio letterario e tutte queste cose insieme. È l'opera che meglio può inglobare l'arte di Carmelo Bene perché è anch'essa arte, scrittura dalle infinite possibilità, lingua vivissima e materiale, eccesso e sfrontatezza. Un libro che ricrea tra le sue pagine lo choc di uno spettacolo di Carmelo Bene, trascinandoci verso «sensazioni impercepibili», un «nulla pieno» che ci colma e ci fa traboccare, e che infine è «un tutto che non ammette discorso».
Liz Taylor. Un'autobiografia Manganaro Jean-Paul - Il Saggiatore, 2016 - La Piccola Cultura
Seducente ed eterea, volubile e ostinata. Fragile, fragile. Liz Taylor è stata l'ultima vera diva di Hollywood, di cui ha incarnato tutte le intemperanze e le ossessioni, le luci fulgide dei proiettori e gli impietosi angoli d'ombra dei retroscena: bambina prodigio, poi icona in ascesa, infine mito immortale nei panni di Cleopatra - iperbole di esotismo e bellezza che ha fatto sognare il pubblico degli anni sessanta. Lei, la gatta sul tetto che scotta, la bisbetica domata e l'insaziabile Venere in visone. Lei, piccola donna ma grandissima. È fragile, fragile. Motore, azione: un film dopo l'altro, senza riposo. Vivere decine di vite in una sola, questo le è chiesto; amare ogni uomo e nessuno, nascere e morire continuamente nell'istante di una pellicola, fino a non distinguere più ciò che è reale da ciò che è solo rappresentazione, scenografia, messinscena. Di nuovo: motore, azione; nella vita come nel cinema, un bacio - era vero o seguiva il copione? -, un addio, un altro, le lacrime che rigano la cipria prima che le luci si affievoliscano e il set torni deserto, lasciandola in preda alle sue emozioni, esasperatamente piena, disperatamente vuota. Liz Taylor è una penetrazione delicata e violenta nel cosmo interiore senza più un centro, buio, lucente, di una delle personalità più affascinanti del nostro tempo, e una riscrittura poetica dei riti di passaggio che ne hanno segnato l'esistenza - dell'attrice e della donna, inscindibili, sempre.
Federico Fellini Manganaro Jean-Paul - Il Saggiatore, 2014 - La Cultura
Nessun regista più di Federico Fellini ha contribuito a costruire e diffondere nel ventesimo secolo il mito dell'italianità. Nessuno più di lui ha saputo raccontare in immagini il nostro paese, traducendolo in un complesso sistema di simboli, e diventando un simbolo egli stesso. In quarant'anni di carriera, attraverso una complessa elaborazione intellettuale, Fellini ha dimostrato come il sogno, la memoria, la poesia possano costituire la sostanza del fare cinema. La sua attività ha conosciuto fasi anche molto diverse, dall'ispirazione neorealista della 'Strada' e delle 'Notti di Cabiria' al progressivo distacco dal modello rosselliniano con la consacrazione della 'Dolce vita'; dalla trasposizione dell'infanzia romagnola in 'Amarcord' alle variazioni grottesche di 'Satyricon' e 'Casanova', fino al capolavoro assoluto, '8½', in cui il reale lascia definitivamente campo libero all'immaginario e all'onirico. 'Federico Fellini' è un percorso denso e lirico nella filmografia del maestro, che ne mette in luce tutte le ossessioni e i temi ricorrenti. Le donne, innanzitutto: magnifiche, materne, vittime inermi o terribili carnefici, un femminile multiforme interpretato da Anita Ekberg, Anouk Aimée e Claudia Cardinale; e poi la riflessione sul corpo dell'attore; Marcello Mastroianni come alter ego; Roma e la romanitas; la provincia paradigma di un vivere opaco e conformista; il teatro di varietà, il circo, la parata, la caricatura e il fumetto.