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Le lodi divine. Testo latino a fronte Pontano Giovanni Princiotta S. (Cur.) - La Scuola Di Pitagora, 2020 - Umanesimo E Rinascimento
«Grazie a lui l'impetuosa brama si spense e colui che sempre inganna e seduce i nostri liberi cuori, finalmente vinto, fuggì. Senza dubbio, egli sconfisse gli errori e i peccati, allontanò dal suo animo l'ignobile sacrilegio e, assecondando la volontà di Dio con innumerevoli virtù, sostenne l'onore e le celebri insegne dell'Ordine, riportando nella fede e nella religiosità la schiera vacillante di Cristo e allontanando i demoni malvagi con la spada... Lode al tuo animo, o Francesco: tu, per primo, hai assalito il potente nemico e, vincitore, hai patito le sofferenze di Cristo...». Giovanni Pontano è unanimamente considerato tra i più grandi, se non il più grande, poeti latini del Rinascimento, non solo italiano ma europeo. E tuttavia c'è un'opera del Pontano che non ha ricevuto l'approvazione che avrebbe meritata, il 'De laudibus divinis'. Solo il grande Zabughin rilevò che, senza quest'opera, «non avremmo, assai probabilmente, né le 'Partenice' del Mantovano, né il 'De partu Virginis' del Sannazaro». A parere dello studioso russo, «l'inno quinto della raccolta è non solamente il germe del magnifico poema del Sannazaro, ma una delle gemme più fulgide del Rinascimento cristiano», così come l'inno a san Francesco d'Assisi - Pontano era nativo dell'Umbria, è bene ricordare - «può sostenere degnamente il paragone con i più bei ritratti del Poverello, quanti ne pennelleggiò il Rinascimento». Il giudizio estetico di Zabughin può anche non essere pienamente condiviso, ma è indubbio che il 'De laudibus divinis' occupa un posto d'onore nella letteratura sacra del nostro Rinascimento
Lettere scelte Cereta Laura Princiotta S. (Cur.) - Argolibri, 2025 - Rosa Fresca Aulentissima
«Farò un audace riassunto della questione: vostra è l'autorità, nostro è il talento». Laura Cereta con il suo acume di umanista e la sua coraggiosa penna racchiude in poche, incisive parole l'ingiusta disparità tra i sessi nella società del suo tempo. Questo fulminante giudizio non è soltanto una denuncia della sopraffazione femminile, ma anche un atto di rivendicazione, un monito lanciato attraverso i secoli. Nel cuore del suo epistolario, Cereta analizza con lucidità e passione la condizione delle donne, opponendosi al loro confinamento nei margini della vita culturale e intellettuale. Con la tenacia di chi non si rassegna all'oblio, ella si batte per la costruzione di un modello formativo che includa le donne, sfidando i pregiudizi e le resistenze della sua epoca. Il suo percorso, intreccio indissolubile di esperienza personale e riflessione filosofica, si snoda tra l'aspirazione a un riconoscimento nel presente e il sogno di un'eredità immortale, capace di risuonate nei cuori dei posteri come testimonianza di una lotta che non appartiene solo al passato, ma continua a interrogare il futuro.