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Il dibattito sul vuoto nel XVII secolo. Antologia di testi Ricciardo S. (Cur.) - Carocci, 2017 - Studi Superiori
Nel 1610 l'immagine dell'universo cambiò: grazie alle sue osservazioni telescopiche, nel 'Sidereus Nuncius' Galileo metteva la parola une al dogma aristotelico dell'incorruttibilità dei cieli. Nel 1638, con i 'Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze', lo scienziato pisano prese di mira un altro principio della fisica aristotelica, che faceva della natura il garante della pienezza e dell'armonia del mondo terrestre. Galileo mostrava che la forza con cui la natura resisteva alla formazione del vuoto non era infinita, bensì limitata e misurabile sperimentalmente. Il vuoto usciva così dal regno dell'impossibile in cui da secoli l'aveva confinato Aristotele. Pochi anni dopo, uno dei discepoli più promettenti di Galileo, Evangelista Torricelli, con il suo famoso esperimento barometrico apriva la strada al definitivo tramonto della dottrina aristotelica dell'horror vacui e all'affermarsi della teoria della pressione, successivamente oggetto degli esperimenti di Pascal in Francia e Boyle in Inghilterra. Il volume offre gli strumenti per approfondire questo importante capitolo della storia della scienza moderna, nel quale esperimenti rivoluzionari andarono di pari passo con polemiche accese.
Robert Boyle. Un naturalista scettico Ricciardo Salvatore - Morcelliana, 2016 - Quaderni Per L'università
'Se dovessimo definire Robert Boyle, l'espressione più opportuna sarebbe indubbiamente quella che egli stesso impiegò come titolo del libro che rappresenta il suo testamento intellettuale, 'Il Virtuoso Cristiano'. Boyle incarnò infatti in modo esemplare quella metamorfosi del virtuoso che ebbe luogo a partire dalla metà circa del XVII secolo, quando la figura del gentiluomo pio dedito al sapere entrò progressivamente tra gli attori del rinnovamento delle scienze naturali. Da erudito interessato alle curiosità naturali e depositario di un sapere improntato alla tradizione classica, egli cominciò a guardare agli sviluppi della nuova scienza, pur conservando quell'eclettismo caratteristico dei gentlemen di inizio secolo. Accanto alle scienze naturali, Boyle coltivò interessi letterari, si occupò di filosofia morale e di esegesi biblica. I suoi studi teologici, insieme all'autorità di cui godeva come filosofo della natura, fecero di lui un protagonista del dibattito sul rapporto tra nuova filosofia e religione che animò la scena culturale inglese nei decenni successivi alla Restaurazione. Per Boyle, come per altri nomi della scienza seicentesca, lo studio del mondo naturale non fu affatto slegato da presupposti di carattere metafisico e teologico, come l'immortalità dell'anima e la resurrezione del corpo. Analizzando il contesto in cui emergono questi temi e il loro significato, il volume aiuta a comprendere la figura di Boyle come 'teologo laico'.'