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Della felicità Vetrisano Domenico Ravera R. (Cur.) - C'era Una Volta, 2013
Della Felicità è un racconto in prima persona che finisce con l'essere la storia di ciascuno di noi, costretti in una continua tensione tra la realtà uniformatrice e il desiderio di libertà. 'La lotta per uscire dall'anonimato apatico dell'infelicità moderna', nelle parole stesse dell'autore, e la rincorsa ai nostri sogni che ci rende vivi e dà un senso alle nostre esistenze è ciò che troviamo in queste pagine di letteratura contemporanea, in cui scorrono i fotogrammi della fuga del protagonista dalla piatta monotonia della vita di una grande città. Sempre più ai giorni d'oggi, in contesti difficili di crisi, non solo economica ma anche valoriale, è importante poter offrire un messaggio al fine di sensibilizzare al ritrovamento di quei rapporti autentici che uniscano le persone e non che le dividano e releghino ai margini di una vita solitaria.
Armacera Vetrisano Domenico - Gruppo Albatros Il Filo, 2012 - Nuove Voci
Un''Armacera' diruta. Questa è l'immagine con la quale Domenico Vetrisano apre la sua silloge, una immagine di non facile decodifica, una sciarada che però, una volta risolta, si svela per la sua immediata potenza evocativa. L'armacera infatti è, come ci insegna l'autore, un muretto a secco tipico di alcune zone del sud rurale. È il simbolo stesso di una struttura semplice ma forte, che colpisce però per la sua solidità, ma è anche la metafora di un mondo che purtroppo si sta sgretolando: l'armacera è infatti diruta, diroccata, e l'autore ce la rappresenta con dei tratti che ricordano il meriggiare pallido e assorto di Montale, con il suo muro irto di cocci aguzzi di bottiglia.
Aeternus. Ediz. illustrata Vetri Alex - L'altare Del Sole, 2010 - Prisma
Alex Vetri è nato a Parma il 30 Ottobre 1988. Dopo aver conseguito il Diploma presso l'Istituto d'arte Paolo Toschi di Parma, si è appassionato di fotografia e ne ha fatto il suo miglior mezzo espressivo. La sua arte è messaggera di inquietudine, quell'inquietudine che caratterizza i vent'anni e che per lui trova la sua espressione nella ricerca di luoghi abbandonati, che molto hanno da dire e ancora di più da lasciare immaginare. Così, manicomi lasciati vuoti dalla Legge Basaglia ripetono l'eco di antiche grida che hanno ben poco di umano, vecchie fabbriche mostrano pericolosi abissi di quotidianità, castelli disabitati vivono di fantasmi inquieti. E le emozioni si fanno immagini per coinvolgere lo spettatore in un provocatorio 'atto unico' in cui vanno in scena le parti più oscure di ognuno di noi.