Didattica Del Progetto Libri
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La tecnica e il corpo. Riflessioni su uno scritto di Pavel Florenskij Antomarini B. (Cur.) Tagliagambe S. (Cur.) - Franco Angeli, 2007 - Didattica Del Progetto
Pavel Aleksandrovic Floresnkij (1882-1937), pensatore originale e poliedrico, teologo, filosofo della scienza e della religione, matematico, fisico, ingegnere elettronico, teorico dell'arte e di filosofia del linguaggio, studioso di estetica, di simbologia e semiotica, ha avuto una grande incidenza sul clima di acceso fervore innovativo che caratterizzò i primi anni della Russia sovietica anche in campo artistico. Nel 1922 aveva scritto un lungo saggio - pubblicato postumo solo nel 1969 su una rivista russa di estetica che parlava della tecnica come proiezione degli organi del corpo. La sua attualità è sorprendente, in quanto anticipa prospettive e riflessioni dei nostri giorni, come quelle sulle bio-tecnologie o sull'auto-poiesis della vita. La relazione tra l'organizzazione del corpo e la sua proiezione negli attrezzi usati dall'uomo e negli artefatti da lui prodotti e la connessione intima tra interno organico ed esterno tecnico, che sono i cardini della proposta teorica in esso contenuta, sono, secondo Florenskij, espressione del legame profondo che sussiste in generale tra natura e tecnica, tra 'macchine interne' e 'macchine esterne' e dell''effetto di risonanza' che si produce tra di esse e si autorafforza. Ne consegue che la natura può essere analizzata con gli strumenti della tecnica e, viceversa, la tecnica tende a naturalizzarsi sempre più.
Le due vie della percezione e l'epistemologia del progetto Tagliagambe Silvano - Franco Angeli, 2005 - Didattica Del Progetto
Secondo una fulminante metafora di Wittgenstein, un paesaggio deve essere assimilato a un'opera di Shakespeare. Il paesaggio diventa il risultato di un processo di interpretazione senza fine, al quale concorrono non soltanto le sue caratteristiche 'oggettive' e intrinseche, ma anche (e potremmo dire soprattutto) gli apporti creativi e costruttivi di coloro che diventano capaci di leggerlo come si legge un classico della letteratura, appunto. Ed è in questo senso che Wittgenstein, concludendo il 'circolo virtuoso' della sua argomentazione, paragona il lavoro dell'architetto a quello del filosofo, sostenendo che entrambi sono chiamati a compiere, prima di tutto, un'analisi su se stessi e a imparare a esercitare la profonda 'arte dello sguardo'.