Ottobre 1920. Mentre l’Europa è ancora alle prese con le ferite della Grande Guerra, nei locali e per le strade d’America impazza il jazz, la nuova musica esplosa nei ghetti di colore.
A Chicago, la città dove si sono riversate quasi tutte le stelle del jazz di New Orleans, arriva dalla natia Oak Park un ragazzo di vent’anni alto e snello, con splendidi occhi castani, capelli nerissimi e una fossetta sulla guancia sinistra «dentro la quale si potrebbe precipitare». A casa della famiglia Smith dov’è ospite, il ragazzo, che si chiama Ernest Hemingway, incanta gli astanti coi suoi racconti sulla Grande Guerra, durante la quale ha rimediato una mitragliata alla gamba destra nel tentativo di soccorrere dei feriti sul fronte italiano.
Rapita più di tutti dall’aria spavalda e dallo sguardo scintillante del ragazzo è un’amica di Kate Smith: Hadley Richardson, una ventottenne che, dopo la morte dei genitori, vive con la severa sorella Fonnie e la sua famiglia a St. Louis, sonnacchiosa città lontana anni luce dalla fervente Chicago.
Hadley ignora il jazz, ma suona al piano Rachmaninov e, diversamente dalle ragazze che frequentano casa Smith, non porta i capelli alla maschietta, ma raccolti dietro la nuca alla vecchia maniera vittoriana. Ernest rappresenta per lei tutto quello che le appare irrimediabilmente alle spalle: l’immagine stessa della gioia, della forza e dell’energia giovanili.
Il cuore le batte perciò all’impazzata quando, una volta tornata a St. Louis, riceve, meravigliosamente stropicciata, la lettera di Hemingway che esordisce con: «Penso sempre a Roma; ma che ne diresti di venirci con me… come mia moglie?».
Senza soldi e alla ricerca di vita, felicità e successo, la pura e sensibile Hadley e il giovane Hemingway partono alla volta della vecchia Europa. Non si stabiliscono a Roma, ma a Parigi, cuore della gioventù artistica e intellettuale europea e americana. Per Ernest è il periodo dell’elaborazione delle ferite interiori lasciate dalla guerra e della frequentazione dei salotti letterari, dove celebrità come Ezra Pound e Gertrude Stein possono aiutarlo a ottenere denaro e fama. Quando, però, dopo un figlio, arrivano anche il denaro e la fama, nell’inquieto scrittore esplode il desiderio di una vita libera, senza ceppi e legami, accanto a nuove e stimolanti conoscenze come John Dos Passos e Scott e Zelda Fitzgerald. Una vita che Ernest finirà col non condividere più con la riservata Hadley, così diversa da Kate, da Stella Bowen, da Kitty Cannell e dalle altre attrici e ballerine che ruotano attorno al celebre scrittore. Così diversa, infine, da Pauline Pfeiffer, irresistibilmente chic con quella frangetta scura e un’esuberanza da ragazzino.
Ean
9788854504165
Titolo
Una moglie a Parigi. E-book. Formato PDF
Autore
Editore
Data Pubblicazione
2011
Pagine
367
Traduttore
Fefè S.
Classificazione
Classificazione CCE
Punti Accumulabili
Grande scrittone ma non grande uomo Siamo nel 1920, a grande guerra è finita ed a Chicago un giovane giornalista, reducedala guerra in Europa sta muovendo i primi passidi una carriera che o porterà ala fama internazionale. a brilante vita che conduce e e superiori capacità intelettive oltre ad un’innegabile belezza, non possono non far colpo su una giovane pianistadi St. ouis in vacanza presso amici comuni.dopo un ovvio ma non per questo meno piacevole corteggiamento idue si sposano. ui si chiama Ernest Hemingway e ei è Hadley Richardson, a sua prima moglie, protagonista e voce narrantedi questo romanzo. a vitadela coppia tuttavia è meno felicedi quanto e premesse possano far supporre. e esperienzedi guerra sicuramente hanno influenzato pesantemente a psichedi ui e ’amoredi una mogliedevota edisposta a sopportaredisagi e privazioni non è sufficiente ad aiutarlo. Anzi il grande scrittoredimostra un carattere sempre più insensibile ed egocentrico, fino ala pretesa culminante che Hadley siadisposta ad accettare un “menage a trois” quando ui si innamoradi un’altra senza per questo voler abbandonare a sua egittima consorte. Un bel romanzo, , scorrevole, che ilustra molto bene frivolezze e malesseridei etterati americani nel primodopoguerra ed ennesimadimostrazione che “grande scrittore” non necessariamente significa “grand’uomo”.