Racconto d'inverno - 9788833890630

Racconto d'inverno: Il campo è quello di Gerlospass, sulle alpi austriache. Tommaso, insieme a un gruppo di prigionieri polacchi, ucraini e italiani, lavora alla creazione di una linea elettrica tra il Tirolo e il Salisburghese. Tirano su i pali del telegrafo nella neve, sotto un cielo livido e inclemente. Le giornate hanno l'odore asprigno dei mantelli bagnati, le scarpe sono basse e rotte, le labbra dolenti come i muscoli. Alla sera, gli stanzoni si riempiono del fumo delle stufe. Fuori dai vetri corre l'urlo delle abetaie lungo i pendii lisciati dalle tormente e di notte si sente il tonfo delle imposte. Ogni tanto del pane raffermo e una tazza di caffè di ghiande danno un po' di sollievo alle gambe stroncate. Ma non si aspetta più nulla. Si guarda soltanto l'assurdo candore della neve e si pensa che l'inverno non sia più una stagione, ma uno stato dell'anima, una sorte chiusa. Come se la prigionia durasse da sempre e la vita, ormai, fosse stata recisa. Oreste Del Buono ci racconta, tra i primi in Italia, l'esperienza del lager, e quasi in presa diretta: Racconto d'inverno, scritto sulla base di una breve novella, uscì alla fine del 1945. Ma la sua testimonianza trascende la Storia e finisce per illuminare una condizione umana universale, quel senso di smarrimento che allora fu avvertito da molti scrittori europei: l'assistere stranieri al muto dolore del mondo e alla sua insensatezza; l'impossibilità di tornare alle parole di prima, dopo l'esperienza della guerra e della deportazione; il tradimento di tutte le attese e di tutte le speranze.
The camp is gerlospass, in the Austrian Alps. Thomas, together with a group of Polish, Ukrainian and Italian prisoners, works to create a power line between Tyrol and Salzburg. They pull up the telegraph poles in the snow, under a bruised and inclement sky. The days have the sour smell of wet cloaks, the shoes are flat and broken, the lips sore as the muscles. In the evening, the stalls fill with the smoke of the stoves. Out of the glass runs the scream of the abetaies along the slopes smoothed by the blizzards and at night you can hear the thud of taxes. Every now and then stale bread and a cup of acorn coffee give some relief to the nipped legs. But he doesn't expect anything anymore. One looks only at the absurd whiteness of the snow and it is thought that winter is no longer a season, but a state of the soul, a closed fate. As if captivity had always lasted and life had been severed by now. Oreste Del Buono tells us, among the first in Italy, the experience of the lager, and almost in direct capture: Winter's Tale, written on the basis of a short novel, came out at the end of 1945. But his testimony transcends History and ends up illuminating a universal human condition, that sense of bewilderment that was then felt by many European writers: the foreign witness to the mute pain of the world and its senselessness; the impossibility of returning to the words of before, after the experience of war and deportation; the betrayal of all expectations and all hopes.