Archivi impossibili. Un'ossessione dell'arte contemporanea - 9788860101907

Archivi impossibili. Un'ossessione dell'arte contemporanea: Ben prima che la diffusione dei social network e dei mezzi di registrazione ci rendesse tutti potenziali archivisti, gli artisti contemporanei hanno ripensato le forme di catalogazione usando linguaggi e media a loro disposizione, spesso ispirandosi a compendi visivi e "musei portatili" di illustri antecedenti novecenteschi, come il Bilderatlas di Warburg e il museo immaginario di Malraux. Dall'atlante di Gerhard Richter, una collezione di migliaia di immagini utilizzate come fonti iconografiche per la pittura, all'album di Hanne Darboven, una monumentale cosmologia che condensa storia personale e memoria collettiva, al museo di Marcel Broodthaers, un sagace strumento di critica istituzionale, allo schedario di Hans Haacke, un mezzo di indagine e di impegno sociopolitico, il furore archivistico si è ormai impossessato della pratica artistica. Che dietro ogni slancio tassonomico ci sia desiderio di ordine, ricerca identitaria, insofferenza verso la tradizionale organizzazione della conoscenza e del potere o un mero horror vacui che spinge i disposofobici a realizzare dei veri santuari della banalità, alla base c'è sempre il bisogno di restituire una logica più profonda a relitti e tracce: prelevati, assemblati e reimmessi in un nuovo contesto, si caricano di un valore inatteso. Ecco allora che l'archivio non è più solo un cumulo inerte di documenti da cui scaturisce quel turbamento che Derrida associa al processo mnestico, ma diventa, in senso foucaultiano, un dispositivo critico capace di rigenerare le consuete logiche di salvaguardia, utilizzo e diffusione del sapere, di r
Long before the spread of social networks and the means of recording we made all potential archivists, contemporary artists have rethought the cataloguing forms using languages and media at their disposal, often inspired by Visual summaries and "portable museums" of prominent twentieth-century antecedents, like Warburg Hamburg and the imaginary Museum of Malraux. From the Atlas of Gerhard Richter, a collection of thousands of images used as photo credits for painting, Hanne Darboven, a monumental album cosmology which condenses personal history and collective memory, the Museum of Marcel Broodthaers, a shrewd critical institutional instrument to file by Hans Haacke, a means of investigation and sociopolitical commitment, the furor archival has now taken possession of artistic practice. That behind every order there is taxonomical desire, research momentum, resent the traditional organization of knowledge and power or merely a horror vacui that pushes hoarders to realize true sanctuaries of triviality at the base there is always the need to return a deeper logic in wrecks and tracks: collected, assembled and reused in a new context , are charged with an unexpected value. That's why the archive is no longer just an inert heap of documents from which flows that upset that Derrida associates the memory process, but becomes critical in foucauldian sense, a device capable of regenerating the usual logic of preservation, use, and dissemination of knowledge, r