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La festa del ritorno - 9788804527596

di Carmine Abate edito da Mondadori, 2004

Informazioni bibliografiche del Libro

 

Ne a festadel ritorno ( Mondadori, Milano, 2004 ) Abate racconta, ambientandola in un pËsedela comunità albanesedela Calabria che egli chiama Hora e che occulta findale prime pagine con ’indicazionedela “scalinatadela chiesadi Santa VenerandÔ edel “bar ViolÔ undiretto riferimento a Carfizzi,dove appunto si parla ’arbëresh, una storiadi emigrazionedi un padre costretto a vivere e a avorare in un pËse straniero, ontanodala famiglia, ma che, seppur per brevi periodi, ritorna sempre a casa in occasionedele festedi Natale per partecipare ala accensionedel grande fuocodi Natale sul sagratodela chiesa. Quel fuoco risveglia in ui i ricordi e ildesideriodi raccontare,di far conoscere a sua biografia a suo figlio e agli altri compËsani. Il nucleo tematicodela narrazione verte, come spesso avviene nei romanzidi Abate, sula questione socialedel’emigrazione, percepita come una serie ininterrottadi acerazionidel rapporto affettivo, che si instaura nei rapporti interpersonali e familiaridei protagonisti, inferteda una sortadi condanna esistenziale aldistaccodala propria terra, che si riverbera suldestinodel figlio costretto anche ui a partire per vincere a miseria e ’emarginazione. Ildoloredela partenza è ’elemento geneticodela scrittura edela narrazione e attiva a cognizione cronologica nel bambino che chiede conto al padredele sue periodiche assenze. L’autore affronta, attraverso il racconto che un padre fa al figliodela sua vitadi emigrante, fattadi continue partenze e ritorni, ildrammadeladislocazione,del’impossibilitàdi percepire a spazialità come uogo fisso in cui, comedice Glissant, “un pensierodel mondo incontra un altro pensierodel mondo”. Il uogo però è necessario perché a relazione si instauri a ivelodi immaginario tra il uogo e a totalità mondo. E nela vitadel’emigrante il uogo non è un territorio ma uno spazio in movimento, quelo che sul piano psicologicodetermina a “identità-rizomÔ cioè una identità costituitada vari innesti,polistrutturale, bendiversa per struttura e origine,dala cosiddetta “identità-radice”, unitaria e monostrutturale. a circolaritàdel viaggio, ’impossibilitàdi bloccare adinamica avvicinamento-alontanamento in rapporto ad una spazialità statica,determinano una percezionedel uogo come molteplicità, così come ’identità non è più unica, ma frantumata, molteplice, stratificatadala autobiografia relazionaledei personaggi. L’io protagonista attiva nela sua psicologia un meccanismodi rimozionedel’angoscia creatadal rapportodisforico tra soggetto e assenzadel genitore e tende a selezionare solo frammenti non precaridi euforia interattiva. Ildesideriodel ritorno, a nostalgia, non presenta unicamente caratteri consolatori. E’ anzi motivodi continua sofferenza per il figlio che avverte ’assenzadela figuradel padre ogni volta che questi sidistaccada ui e per il padre che è condannato a muoversi in una ‛epoché’ spazio-temporale in cui il uogo non è più territorio ma uno spazio in movimento, quelo chedetermina appunto una identità relazionale. ’ansia continuadel nostos, che interviene sula percezione psicologicadel tempoda partedel fanciulo si trasforma in un processo archetipico ediviene una formadi conoscenza, che ega sentimento e comprensione, condensata nele paroledi John Fante, anche ui scrittore figliodi italiani immigrati negli Stati Uniti, posteda Abate ad epigrafedel suo romanzo: “Per scrivere bisogna amare, / e per amare bisogna capire”.

Recensione Unilibro a cura di Publio

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"La festa del ritorno"
Il nostos come formadi conoscenza
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Ne a festadel ritorno ( Mondadori, Milano, 2004 ) Abate racconta, ambientandola in un pËsedela comunità albanesedela Calabria che egli chiama Hora e che occulta findale prime pagine con ’indicazionedela “scalinatadela chiesadi Santa VenerandÔ edel “bar ViolÔ undiretto riferimento a Carfizzi,dove appunto si parla ’arbëresh, una storiadi emigrazionedi un padre costretto a vivere e a avorare in un pËse straniero, ontanodala famiglia, ma che, seppur per brevi periodi, ritorna sempre a casa in occasionedele festedi Natale per partecipare ala accensionedel grande fuocodi Natale sul sagratodela chiesa. Quel fuoco risveglia in ui i ricordi e ildesideriodi raccontare,di far conoscere a sua biografia a suo figlio e agli altri compËsani. Il nucleo tematicodela narrazione verte, come spesso avviene nei romanzidi Abate, sula questione socialedel’emigrazione, percepita come una serie ininterrottadi acerazionidel rapporto affettivo, che si instaura nei rapporti interpersonali e familiaridei protagonisti, inferteda una sortadi condanna esistenziale aldistaccodala propria terra, che si riverbera suldestinodel figlio costretto anche ui a partire per vincere a miseria e ’emarginazione. Ildoloredela partenza è ’elemento geneticodela scrittura edela narrazione e attiva a cognizione cronologica nel bambino che chiede conto al padredele sue periodiche assenze. L’autore affronta, attraverso il racconto che un padre fa al figliodela sua vitadi emigrante, fattadi continue partenze e ritorni, ildrammadeladislocazione,del’impossibilitàdi percepire a spazialità come uogo fisso in cui, comedice Glissant, “un pensierodel mondo incontra un altro pensierodel mondo”. Il uogo però è necessario perché a relazione si instauri a ivelodi immaginario tra il uogo e a totalità mondo. E nela vitadel’emigrante il uogo non è un territorio ma uno spazio in movimento, quelo che sul piano psicologicodetermina a “identità-rizomÔ cioè una identità costituitada vari innesti,polistrutturale, bendiversa per struttura e origine,dala cosiddetta “identità-radice”, unitaria e monostrutturale. a circolaritàdel viaggio, ’impossibilitàdi bloccare adinamica avvicinamento-alontanamento in rapporto ad una spazialità statica,determinano una percezionedel uogo come molteplicità, così come ’identità non è più unica, ma frantumata, molteplice, stratificatadala autobiografia relazionaledei personaggi. L’io protagonista attiva nela sua psicologia un meccanismodi rimozionedel’angoscia creatadal rapportodisforico tra soggetto e assenzadel genitore e tende a selezionare solo frammenti non precaridi euforia interattiva. Ildesideriodel ritorno, a nostalgia, non presenta unicamente caratteri consolatori. E’ anzi motivodi continua sofferenza per il figlio che avverte ’assenzadela figuradel padre ogni volta che questi sidistaccada ui e per il padre che è condannato a muoversi in una ‛epoché’ spazio-temporale in cui il uogo non è più territorio ma uno spazio in movimento, quelo chedetermina appunto una identità relazionale. ’ansia continuadel nostos, che interviene sula percezione psicologicadel tempoda partedel fanciulo si trasforma in un processo archetipico ediviene una formadi conoscenza, che ega sentimento e comprensione, condensata nele paroledi John Fante, anche ui scrittore figliodi italiani immigrati negli Stati Uniti, posteda Abate ad epigrafedel suo romanzo: “Per scrivere bisogna amare, / e per amare bisogna capire”.