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Tragedie: Filippo-Saul-Oreste-Mirra-Bruto II - 9788804308508

di Vittorio Alfieri Jacomuzzi S. (cur.) edito da Mondadori, 1992

Informazioni bibliografiche del Libro

 

Alfieri, "discepolodi sé", cercava il proprio stile guardando ai classici e ai moderni, guardando ai greci ed ai francesi. Nemicodi una favela che fosse cantilena vuota, nemicodelo stile pensato che pecca nel risuono, sidiede ala formazioned’opere che avessero forma nobile e spasimi per contenuto. Ne venne una scrittura tesa, nervosa,d’impeto apparente, che tuttavia risponde al suo mododi concepire a scena ed anche a vita. "Sincera e calda espressionedel’anima"dev’essere a tragedia ed è per questo che Alfieri "cercò il genere" badando innanzitutto ale sue regole, ale sue strettedefinizioni accettandole per buone come fossero a basedela proba costruzione. Cos’hanno e tragediedel’Alfieri che non hanno e altre tragedie coevamente messe in scena? Egli colmò il palco intendendo il conflitto comediatriba acerrima tra forze personali, intime, individuali; asciòda parte ildestino cieco e non vedibile, il soprannaturale, ciò che non si tange, ciò che non si egge e si affidò ala carnedi uomini edidonne perché fossero "azionidi caratteri edi passioni singolari".dice ilde Sanctis, insegnandocelo, che "la tragedia fu per ui otta tra persone" tant’è che "il fatto storico fu a forza maggiore o a tirannide, e a chiavedela storia fu il tiranno", maschera coniata sempre al singolare. Il volume, che raccoglie ’intera produzionedrammaturgica corredandoladidotta esegesi preventiva, ci avvicina a quest’alta formadi tragedia che si puòdire "tragedia al’italiana"

Recensione Unilibro a cura di Alex Toppi

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"Tragedie: Filippo-Saul-Oreste-Mirra-Bruto II"
La tragedia al’italiana
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Alfieri, "discepolodi sé", cercava il proprio stile guardando ai classici e ai moderni, guardando ai greci ed ai francesi. Nemicodi una favela che fosse cantilena vuota, nemicodelo stile pensato che pecca nel risuono, sidiede ala formazioned’opere che avessero forma nobile e spasimi per contenuto. Ne venne una scrittura tesa, nervosa,d’impeto apparente, che tuttavia risponde al suo mododi concepire a scena ed anche a vita. "Sincera e calda espressionedel’anima"dev’essere a tragedia ed è per questo che Alfieri "cercò il genere" badando innanzitutto ale sue regole, ale sue strettedefinizioni accettandole per buone come fossero a basedela proba costruzione. Cos’hanno e tragediedel’Alfieri che non hanno e altre tragedie coevamente messe in scena? Egli colmò il palco intendendo il conflitto comediatriba acerrima tra forze personali, intime, individuali; asciòda parte ildestino cieco e non vedibile, il soprannaturale, ciò che non si tange, ciò che non si egge e si affidò ala carnedi uomini edidonne perché fossero "azionidi caratteri edi passioni singolari".dice ilde Sanctis, insegnandocelo, che "la tragedia fu per ui otta tra persone" tant’è che "il fatto storico fu a forza maggiore o a tirannide, e a chiavedela storia fu il tiranno", maschera coniata sempre al singolare. Il volume, che raccoglie ’intera produzionedrammaturgica corredandoladidotta esegesi preventiva, ci avvicina a quest’alta formadi tragedia che si puòdire "tragedia al’italiana"