Escatologia. Morte e vita eterna - 9788830809437

Escatologia. Morte e vita eterna: Il testo di Josef Ratzinger condensa delle profonde riflessioni sul senso della morte, inquadrando tale evento entro una cornice teologica con particolare riferimento alla cristologia: "Morire significa essere con Cristo" (Fil 1,34). Se lo studio dell'autore comprende vari ambiti di interesse, sia nell'ordine storico-biblico che escatologico-apocalittico, il punto nevralgico di questa riflessione è l'apprendimento-scoperta del valore e del significato che la morte, intesa come evento umano, rappresenta per il credente. Secondo l'autore ha senso, perciò, progredire nella conoscenza della morte secondo quella che lui stesso definisce "la novità cristiana", oltrepassando così, da un lato, l'antica prospettiva greco-pagana, dove seppur non in maniera totale e definitiva la morte segnava la fine dell'essere uomo nella totalità-coordinamento di tutte le sue funzioni vitali e individuali, destinato ad un ambiguo futuro essere nel non essere, sostanzialmente entro una visione dualistica corpo-anima; dall'altro, nell'AT "tutto ciò che è connesso con la morte è qualificato come impuro, anche il culto dei morti", e perciò la morte segna anche qui uno "smaltimento" (seppur non di tipo dualistico come per i greci) dell'uomo destinato ad un'esistenza d'ombra nello Sheol.
The text of Joseph Ratzinger condensation of deep reflections on the meaning of death, framing it within a frame of theology with particular reference to Christology: "Die means to be with Christ" (Phil 1.34). If the author's study includes various fields of interest, both in historical and eschatological-apocalyptic biblical order, the focal point of this reflection is learning-discover the value and meaning that death, understood as a human event, represents for the believer. According to the author it makes sense, therefore, to advance in the knowledge of death according to what he himself calls "the newness of Christianity", past as well, on the one hand, the ancient Greek pagan perspective, where although not in a total and definitive death marked the end of being a man in totality-coordinating all its vital functions and individual, for an ambiguous future be in not being essentially within a dualistic vision body-soul; Secondly, in the OT "everything that is connected with death is regarded as unclean, even the cult of the dead", and therefore death also marks here a "disposal" (albeit not dualistic type as for the Greeks) of the man destined to a shadowy existence in Sheol.