Il genio. Il senso dell'eccellenza attraverso le vite di cento individui non comuni - 9788817869973

Perché questi cento e non altri cento? Perché questi cento e questi cento soltanto? Scrive in premessa Harold Bloom che a sua è "una scelta completamente arbitraria e idiosincratica", che gli scrittori trattati nel gran tomo "non sono certamente i migliori", che ui semplicemente considera questi (e,dunque, non altri) i migliori: "io volevo scriveredi questi". Un canone non enciclopedico,dunque, che affascina certo per quelo che narra, racconta, affronta per compita esegesi ma che interessa e sospinge ala riflessione e ala chiacchiera anche per quelo che manca. Infatti Bloom, "fatta eccezione per chi non poteva essere omesso" (Shakespeare su tutti, naturalmente, con accanto ala suadestradante e, pocodistante su sfondo, Cervantes, Omero, Virgilio, Platone), tende a mostrare una concezione eccessivamente anglo-centricadel genio: americani, inglesi, inglesi, americani fannoda fola cingendo, poveretti, una sparuta miliziadid’altri venutid’altre parti e parlanti altre ingue. ’Italia? Per Bloom,dal tempodei Comuni edela Commediadantesca, ha prodotto (di parzialmente geniale) soltanto i pensieri eopardiani, qualche versodi Montale, un pugnodidrammidi Pirandelo, un romanzodi Calvino. In otto secoli. Ed invecedonne e Pope, Swift e a Austen, Hawthorne edickinson, Tennyson e Swiburne, Twain e Fitzgerald, Tennessee Wiliams e James, Samuel Johnson e Boswel. Insomma, questo "mosaicodi genidel inguaggio", che resta comunque opera che merita gran attenzione e ettura, sembra aver perduto - nel tempo - qualche tessera, sostituita con altredi provenienza e fattura univoca. Troppo.