Il tempestario - 9788861555129

Il tempestario: Un gracile tempestario vorrebbe con filtri d'olio rabbonire i mari, tradurre il vento nell'acqua che scolpisce radente, insufflare scirocco nelle ossa, costruire dammusi d'argilla e di sabbia, cupolette a cuscussiera, in veste di luna e marea fecondare uova di ricci negli scogli profondi; sfrega i cerini dei ginocchi su pelle di zolfo per riaccendere passioni dissanguate, ma tutto il sangue ne riperde, come l'emorroissa, in flussi e riflussi, immersioni e affioramenti, metamorfosi animalesche, evocazioni sciamaniche, antiche favole ammutolite e vini inaciditi in otri spellati; la sfolgorante Zisa in rovina è antro dei venti, nel giardino selvatico la menta è folle, ubriaco il basilico, il tempestario si perde in fondo al labirinto saraceno, sullo scoglio più esposto, sulla zattera marcita in balia della tempesta, a mani vuote, anzi squarciate, come da stimmate: nulla sanno trattenere di ciò che le accarezza, neppure la grazia intermittente di parole pronunciate ed ascoltate per la prima e l'ultima volta, formule magiche, preghiere, mozziconi di madrelingua perduta, mai scritta mai salvata, rubacchiata in bocca d'altri, orale e smemorata come il vento - decadimento radioattivo della lingua, di bocca in bocca, di madre in figlia; ma le lingue, come le ossa, durano più dei ricordi. Nella poesia italiana d'oggi, in cui va di moda un cibo scipito fabbricato in pulitissime cucine di città settentrionali, il canzoniere siciliano di Rino Cavasino fa irruzione come un demone in abiti sgargianti... Una poesia portuale, fatta di transiti e miraggi, di cattivi odori e contaminazioni so
A puny tempestuous man would like to soothe the seas with oil filters, translate the wind into the water that sculpts grazing, blow sirocco into the bones, build dammusi of clay and sand, couscous domes, in the guise of moon and tide fertilize urchins' eggs in the deep rocks; he rubs the wax of his knees on sulphur skin to rekindle bleeding passions, but all the blood is lost, like the haemorrhage, in ebbs and flows, dives and outcrops, animalistic metamorphoses, shamanic evocations, ancient muted fables and soured wines in skinned wineskins; the dazzling Zisa in ruins is the cave of the winds, in the wild garden the mint is mad, the basil drunk, the tempestuous is lost at the bottom of the Saracen labyrinth, on the most exposed rock, on the rotten raft at the mercy of the storm, empty-handed, or rather torn asunder, as if by stigmata: nothing they know how to hold back of what caresses them, not even the intermittent grace of words spoken and heard for the first and last time, magic formulas, prayers, stubs of mother tongue lost, never written, never saved, stolen from the mouths of others, oral and forgetful as the wind - radioactive decay of the tongue, from mouth to mouth, from mother to daughter; But tongues, like bones, last longer than memories. In today's Italian poetry, in which sloppy food manufactured in the spotless kitchens of northern cities is fashionable, Rino Cavasino's Sicilian songbook bursts in like a demon in bright clothes... A port poetry, made up of transits and mirages, of bad smells and contaminations