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L'età vittoriana nella letteratura - 9788896551059
di Chesterton Gilbert Keith Nicolini S. (cur.) Simonelli S. (cur.) edito da Fuorilinea, 2013
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Informazioni bibliografiche del Libro
- Titolo del Libro: L'età vittoriana nella letteratura
- Autori : Chesterton Gilbert Keith Nicolini S. (cur.) Simonelli S. (cur.)
- Editore: Fuorilinea
- Data di Pubblicazione: 2013
- Genere: letterature straniere: critica
- Argomento : Letteratura inglese
- Pagine: 224
- Curatore: Nicolini S.; Simonelli S.
- Traduttore: Mazzocchi F.
- Dimensioni mm: 210 x 0 x 0
- ISBN-10: 8896551056
- ISBN-13: 9788896551059
L'età vittoriana nella letteratura: Gilbert Keith Chesterton (GKC) in questo saggio del 1913 sottolinea che la letteratura ha infranto il compromesso vittoriano che negava, grazie anche allo scudo morale offerto dall'utilitarismo, l'esistenza di un diffuso disagio sociale nell'Inghilterra della seconda rivoluzione industriale. I grandi scrittori - Dickens, sicuramente, ma soprattutto Stevenson - reagiscono a questa rimozione collettiva: ognuno a proprio modo ma tutti pienamente consapevoli che qualcosa di fondamentale fosse andata perduta nella loro società. L'Uomo. GKC intuisce che la ricerca ottusa del benessere ha portato a un autunno spirituale, a una strana e fredda atmosfera di vacuità: "I vittoriani - scrive - credevano che il commercio estero dovesse portare la pace: e ha portato la guerra. Credevano che il commercio interno dovesse promuovere la prosperità: e ha in gran parte promosso la povertà. Ma per loro questi erano esperimenti; per noi devono essere insegnamenti. Se noi continueremo a trattare il popolo com'è nell'uso capitalista, se noi continueremo a servirci degli armamenti esteri com'è nell'uso capitalista, il nostro comportamento ricadrà pesantemente sui vivi. Il disonore non resterà ai morti".
Gilbert Keith Chesterton (GKC) in this 1913 essay stresses that literature has broken the Victorian compromise which denied, thanks also to the moral shield offered by utilitarianism, the existence of a widespread social malaise in England in the second industrial revolution. The great writers-Dickens, surely, but especially Stevenson-react to this collective removal: each in their own way but all fully aware that something fundamental was lost in their society. The Man. GKC realizes that being obtuse research has resulted in a fall in a strange and cold atmosphere of spiritual emptiness: "the Victorians-writes-believed that foreign trade would bring peace: and brought the war. They believed that internal trade were to promote prosperity: it has largely promoted poverty. But for them these were experiments; for we should be teaching. If we continue to treat the people how to use capitalist, though we will continue to serve us foreign arms as it is in the capitalist use our behavior will fall heavily on the living. The dishonor won't stay dead ".
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