Storia politica della moltitudine. Spinoza e la modernità - 9788889969892

Storia politica della moltitudine. Spinoza e la modernità: "La differenza fra me e Hobbes, della quale mi chiedete - scrive Spinoza a un suo ansioso e preoccupato corrispondente - consiste in questo, che io continuo a mantenere integro il diritto naturale e affermo che al sommo potere in qualunque città non compete sopra i sudditi un diritto maggiore dell'autorità che esso ha sui sudditi stessi, come sempre avviene nello stato naturale". Negli anni Settanta del XVII secolo, nel cuore dell'epoca contrattualistica e agli albori del liberalismo moderno, la sfida viene così lanciata: è possibile - e anzi necessario - per Spinoza pensare la sovranità in un rapporto di assoluta immanenza alla comunità politica, concepire lo Stato come subordinato al diritto, immaginare la potestas come una funzione e un'espressione della potentia. La libera moltitudine non è più rivolta verso il volto rassicurante del sovrano, come nel frontespizio del Leviatano, perché non ha più bisogno di essere rappresentata per esistere. Non si tratta, per Spinoza, di rendere gloria a un nuovo dio mortale (la moltitudine invece del sovrano). Si tratta piuttosto di fondare la consistenza ontologica del soggetto (di ogni soggetto, quello singolo come quello collettivo) nella rete immanente delle relazioni individuali che, in politica, si chiamano rapporti di forza: mantenere il diritto naturale nello Stato significa, per Spinoza, mantenere integro un vero e proprio "diritto di guerra" fra i sudditi e il sovrano."
"The difference between me and Hobbes, which I ask her anxious and worried Spinoza writes corresponding-consists in this, that I continue to maintain the natural right and I say that to the supreme power in any city does not compete over their subjects a higher law of the authority that it has on the subjects themselves, as always happens in the natural state." In the seventies of the seventeenth century, in the heart of the time contracts and the dawn of modern liberalism, the challenge is launched: it is possible-and indeed necessary-for Spinoza think absolute sovereignty in a relation of immanence to the political community, conceive the State as subordinate to the right, imagine the potestas as a function and an expression of potentia. The free multitude is no longer facing the title page of the sovereign, as reassuring countenance Leviathan, because it no longer needs to be represented in order to exist. This is not, for Spinoza, to glorify a new mortal God (the crowd instead of the sovereign). Rather, it found the ontological consistency of the subject (of each subject, that individual and collective) in net individual relations, in politics, immanent named power relations: keep the natural law in the State means, for Spinoza, maintaining a real "law of war" between the subjects and the sovereign. "