Uomini nelle gabbie. Dagli zoo umani delle Expo al razzismo della vacanza etnica - 9788842821007

Uomini nelle gabbie. Dagli zoo umani delle Expo al razzismo della vacanza etnica: Dal 1870 al 1940 l'Europa e gli Stati Uniti celebrarono le magnifiche sorti del mondo occidentale sul palcoscenico delle Esposizioni universali. Poco distante, nei villaggi etnici ricreati accanto ai padiglioni, andava in scena uno spettacolo angosciante: neri armati di lance, donne con i bambini al collo, pigmei, eschimesi, indios, tutti esposti perché i bianchi, i colonizzatori, potessero ammirarli o schernirli, sicuri come erano - come, forse, ancora siamo - del primato della razza bianca, del suo diritto a conquistare e dominare le altre razze. C'è Sarah, l'ottentotta dalle forme inusualmente pronunciate, esibita come una pruriginosa eccentricità biologica e poi studiata e sezionata come una cavia da laboratorio. C'è il pigmeo Ota Benga che, nel recinto degli animali, non può sorridere a meno che i visitatori non paghino qualche dollaro per vederne i denti aguzzi. C'è capo Geronimo, mostrato vinto e sconfitto perché nessuno dimentichi mai l'inferiorità degli indiani d'America. E ci sono le altre migliaia di esseri umani i cui nomi non sono mai stati registrati, tanta era la considerazione riservata alla loro dignità personale. A una prima, superficiale analisi può sembrare un fenomeno lontano nel tempo, da cui la nostra società ha ormai preso le doverose distanze, ma l'ultimo zoo umano risale al 2005, e il turismo della povertà che tanto successo riscuote in questi ultimi anni ripropone la medesima logica. Prefazione di Gian Antonio Stella.
From 1870 to 1940 Europe and the United States celebrated the great fortunes of the Western world on the stage of universal expositions. Not far away, in the ethnic villages recreated next to the pavilions, was staged a show distressing: Blacks armed with Spears, women with children, pygmies, Eskimos, Indians, all exposed because the whites, the colonists could admire them or schernirli, sure as they were-as, perhaps, yet we are-of the primacy of the white race, of his right to conquer and dominate other races. There's Sarah, the Hottentot unusually pronounced shapes, performed as a prurient eccentricity and then studied and dissected like a laboratory Guinea pig. There is the Pygmy Ota Benga who, in animal enclosure, can not smile unless visitors do not pay a few dollars to see the sharp teeth. There is Geronimo, shown won and defeated because nobody ever forgets the inferiority of Indians. And there are thousands of human beings whose names were never recorded, such was the consideration given to their personal dignity. In a first, superficial analysis may seem a distant phenomenon over time, from which our society has now taken the due distances, but the last human zoo dates back to 2005, and of the poverty that was so successful in recent years presents the same logic. Foreword by Gian Antonio Stella.