Ifigenia in Tauride-Baccanti. Testo greco a fronte - 9788811363507

Ifigenia in Tauride-Baccanti. Testo greco a fronte: «Impera un gran disordine in cielo e in terra» sentenzia Oreste nell'Ifigenia in Tauride (414 ca a.C.). Euripide porta il caos sulla scena e sovverte lo schema classico della partita tra gli uomini e il fato. Mentre nei drammi di Eschilo e Sofocle è impossibile sottrarsi agli dei e agli oracoli, Euripide imbastisce un intrigo romanzesco a lieto fine in cui i protagonisti sfuggono a una triste sorte con il coraggio, l'astuzia, l'inganno. Così Ifigenia, strappata da Artemide al sacrificio in Aulide e trasportata in terra barbara, quando scopre che la vittima da immolare è il fratello Oreste, disobbedisce al volere della dea e organizza con successo la fuga. Baccanti, rappresentata dopo il 406 a.C., fu giudicata da Goethe la più bella opera di Euripide. Penteo, re di Tebe che ha rifiutato, in nome della ragion di stato, di rendere onori divini a Dioniso, finisce dilaniato dalle baccanti guidate da sua madre Agave, che in preda al furore lo scambiano per una fiera. Ambigua e ricca di un fascino misterioso, è la tragedia della debolezza della ragione umana di fronte alla potenza dell'irrazionale, della violenza cieca che può scatenarsi nella comunità quando cede alla sirena degli istinti e si lascia travolgere dal proprio delirio.
"There is great disorder in heaven and on earth," says Orestes in Iphigenia in Tauride (414 BC). Euripides brings chaos to the scene and subverts the classic scheme of the game between men and fate. While in the dramas of Aeschylus and Sophocles it is impossible to escape the gods and oracles, Euripides sets up a novel intrigue with a happy ending in which the protagonists escape a sad fate with courage, cunning, deception. So Iphigenia, torn by Artemis from the sacrifice in Aulis and transported to barbarian land, when she discovers that the victim to be sacrificed is her brother Orestes, disobeys the will of the goddess and successfully organizes the escape. Bacchae, performed after 406 BC, was judged by Goethe to be Euripides' most beautiful opera. Pentheus, king of Thebes who has refused, in the name of raison d'état, to render divine honors to Dionysus, ends up torn apart by the bacchantes led by his mother Agave, who in fury mistake him for a fair. Ambiguous and full of mysterious charm, it is the tragedy of the weakness of human reason in the face of the power of the irrational, of the blind violence that can be unleashed in the community when it yields to the siren of instincts and allows itself to be overwhelmed by its own delirium.