La donna che mangiava - 9788849711875

La donna che mangiava: Con "La donna che mangiava poesie" Zdravka Evtimova dimostra di sapersi muovere agilmente tra la lingua bulgara e quella inglese, evocando altri grandi scrittori dell'Est Europa quali Milan Kundera e Vladimir Nabokov, e regalando al pubblico una raccolta di racconti che ruota attorno alla magica e violenta città di Pernik. L'autrice dipinge una terra rurale e periferica, dove impera il giallo feroce dei campi, le nuvole sono isteriche e incostanti, soffocando sogni e speranze. La Bulgaria della Evtimova è una dimensione fatata e miserabile, dove le donne girano con i coltelli sotto le gonne per proteggersi dagli uomini rozzi e voraci e dai malefici delle passioni; i crepuscoli sono sanguinari, le notti scandite dall'acquavite scadente e dai versi di gufi e lupi. Tutto è vero, descritto nelle sfumature esistenziali più disgraziate, eppure il regno del fantastico sussurra a ogni pagina. In questi racconti brilla il realismo magico di Salman Rushdie e di Gabriel Garda Marquez, ma in chiave bulgara, con quel pizzico di ironia e sfrenatezza che contraddistingue le culture dell'Est Europa. La scrittura è potente, a volte scarna e ruvida, altre languida e sensuale, lirica. Alla fine di ogni racconto, è come se tra le mani restasse un po' di polvere e di poesia, una magia che corrode il corpo e il cuore.
With "The Woman Who Ate Poetry" Zdravka Evtimova shows that she can move nimbly between the Bulgarian and English languages, evoking other great Eastern European writers such as Milan Kundera and Vladimir Nabokov, and giving the audience a collection of short stories that revolves around the magical and violent city of Pernik. The author paints a rural and peripheral land, where the fierce yellow of the fields empress, the clouds are hysterical and inconsistent, stifling dreams and hopes. Evtimova's Bulgaria is a fairy and miserable dimension, where women run with knives under their skirts to protect themselves from rough and voracious men and evil passions; twilights are bloody, the nights punctuated by the shoddy brandy and the verses of owls and wolves. Everything is true, described in the most unfortunate existential nuances, yet the realm of the fantastic whispers to every page. In these stories shines the magical realism of Salman Rushdie and Gabriel Garda Marquez, but in a Bulgarian key, with that hint of irony and unbridledness that distinguishes the cultures of Eastern Europe. The writing is powerful, sometimes sparse and rough, others languid and sensual, lyrical. At the end of each story, it is as if there is a little dust and poetry in his hands, a magic that corrodes the body and the heart.