L'opera italiana in Francia nel Settecento. Il viaggio di un'idea di teatro - 9788859202875

L'opera italiana in Francia nel Settecento. Il viaggio di un'idea di teatro: "I Francesi non possono sapere cosa può produrre a teatro 'Artaserse' più di quanto gli Italiani siano in grado di sentire l'effetto di 'Armide'": così scrive nel 1740 Charles de Brosses, riassumendo la radicale alterità rappresentata dall'opera italiana rispetto a quella francese, tanto dal punto di vista estetico quanto da quello della produzione e della ricezione. Da una parte, in Francia, un sistema di valori che comprende l'equilibrio tra parola e musica, il rispetto delle regole classiciste e un forte controllo organizzativo; dall'altra, in Italia, il gusto per la melodia e il virtuosismo, la rottura drammatica tra recitativo e aria, la vivacità del sistema impresariale. Per queste ragioni è stato possibile che solo un paio d'intermezzi siano stati rappresentati a Parigi nella loro lingua originale fra l'"Ercole amante" di Cavalli (1662) e "La serva padrona" di Pergolesi (1752), e che nessuna opera seria sia stata cantata addirittura fino al 1804, quando tutto il resto d'Europa aveva ormai consacrato all'opera italiana un ruolo centrale. Un dato così schiacciante non deve tuttavia far velo a una vibrazione sotterranea che agisce proprio nel cuore della creatività musicale francese del Settecento: l'indagine di Noiray e Fabiano ne ritraccia lo sviluppo, dimostrando che oltre le fratture della storia, oltre ogni querelle o pamphlet, esiste una continuità segreta sottesa all'intero secolo.
"The French cannot know what can produce at the theatre ' Artaserse ' more than what Italians are able to feel the effect of ' Armide": he writes in 1740 Charles de Brosses, summing up the radical otherness that the Italian opera than French, both from an aesthetic point of view than from that of production and reception. On the one hand, in France, a belief system that includes the balance between words and music, the traditional rules and a strong organizational control; on the other hand, in Italy, the flair for melody and virtuosity, the dramatic break between Recitative and aria, the liveliness of the business system. For these reasons it was possible that only a couple of interludes have been represented in Paris in their original language between "horse" Ercole amante (1662) and "La serva padrona" by Pergolesi (1752), and that no serious opera was sung until 1804, when the rest of Europe had now devoted to Italian opera a central role. A given so overwhelming, however, should not make a veil underground vibration that acts right in the heart of French eighteenth-century musical creativity: the investigation of Noiray and Fabiano talking retraces the development, proving that beyond fractures of history, beyond controversy or pamphlet, there is continuity secret behind the entire century.