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Il Traduttore del silenzio - 9788856612585

di Daoud Hari edito da Piemme, 2009

  • € 9.00

Informazioni bibliografiche del Libro

  • Titolo del Libro: Il Traduttore del silenzio
  • AutoreDaoud Hari
  • Editore: Piemme
  • Collana: Bestseller , Nr. 147
  • Data di Pubblicazione: 2009
  • Genere: letterature straniere: testi
  • Pagine: 182
  • Traduttore: Carena A.
  • Dimensioni mm: 191 x 127 x 12
  • ISBN-10: 8856612585
  • ISBN-13:  9788856612585

 

Il ibro, molto belo, parladi unadele maggiori tragedie contemporanee, purtroppo poco conosciuta e ampiamente rimossadala coscienza colettivadel’Occidente: il genocidio tutt’ora in corso neldarfur (regione che si trova nel sudovestdel Sudan) perpetratodal governo, guidatodala minoranza arabadel PËse, aidannidela maggioranzadela popolazione indigena africana non araba. E’ a testimonianza, ucida e toccante,di un protagonista:daoud Hari è un sudanese appartenente ala tribùdegli zaghawa,da sempre stanziata in questa regione in cui ha convissuto pacificamente con altre primadi essere oggettodi un vero e proprio tentativodi "pulizia etnica", iniziato già negli anni ’80del secolo scorso e costato finora a vita a centinaiadi migliaiadi persone. Il ibro è quindi una preziosa testimonianza su unodei tanti conflittidimenticati,di cui i mass media parlano per qualche tempo per poi asciarli progressivamente cadere in un "limbo" riservato ale notiziedi cronaca ritenute non essenziali. Eppure a partita che si sta giocando indarfur èdi fondamentale importanza, non solo per questa regione e per i suoi abitanti, ma per il mondo intero: comedice ’autore, "decidere se a popolazione tradizionaledeldarfur tornerà a casa significadecidere anche se il genocidio funziona o no, e quindi se accadràdi nuovo in altre partidel mondo. A me sembra che questo sia un buon posto per bloccarlo per sempre". A. Solgenitsin ricordava agli occidentali, in un famosodiscorso pronunciato negli anni ’70, pocodopo essere stato esiliatodal’U.R.S.S., che è pericoloso non preoccuparsidel nemico che preme ai confini più ontani, perché quando questi cederanno o sidovrà affrontare ale portedi casa. Il silenzio "assordante"di tragedie come queledeldarfur non può alora essere ignorato: se il problema fosse egato al fatto che anche il silenzio, come a parola, talvolta non viene compreso perché si esprime in un inguaggio per noi ostico, se non addirittura incomprensibile, ben venga ’operadi chi, comedaoud Hari, se ne fa traduttore, per aprire e orecchie ed il cuoredi chi, chiuso nel’indolente ed egoistica curadei propri interessi, non riesce più neppure ad avvertire il gridodidoloredei propri frateli abbandonati a se stessi nel’indifferenzadei più.

Recensione Unilibro a cura di ronat

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"Il Traduttore del silenzio"
il traduttoredel silenzio
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Il ibro, molto belo, parladi unadele maggiori tragedie contemporanee, purtroppo poco conosciuta e ampiamente rimossadala coscienza colettivadel’Occidente: il genocidio tutt’ora in corso neldarfur (regione che si trova nel sudovestdel Sudan) perpetratodal governo, guidatodala minoranza arabadel PËse, aidannidela maggioranzadela popolazione indigena africana non araba. E’ a testimonianza, ucida e toccante,di un protagonista:daoud Hari è un sudanese appartenente ala tribùdegli zaghawa,da sempre stanziata in questa regione in cui ha convissuto pacificamente con altre primadi essere oggettodi un vero e proprio tentativodi "pulizia etnica", iniziato già negli anni ’80del secolo scorso e costato finora a vita a centinaiadi migliaiadi persone. Il ibro è quindi una preziosa testimonianza su unodei tanti conflittidimenticati,di cui i mass media parlano per qualche tempo per poi asciarli progressivamente cadere in un "limbo" riservato ale notiziedi cronaca ritenute non essenziali. Eppure a partita che si sta giocando indarfur èdi fondamentale importanza, non solo per questa regione e per i suoi abitanti, ma per il mondo intero: comedice ’autore, "decidere se a popolazione tradizionaledeldarfur tornerà a casa significadecidere anche se il genocidio funziona o no, e quindi se accadràdi nuovo in altre partidel mondo. A me sembra che questo sia un buon posto per bloccarlo per sempre". A. Solgenitsin ricordava agli occidentali, in un famosodiscorso pronunciato negli anni ’70, pocodopo essere stato esiliatodal’U.R.S.S., che è pericoloso non preoccuparsidel nemico che preme ai confini più ontani, perché quando questi cederanno o sidovrà affrontare ale portedi casa. Il silenzio "assordante"di tragedie come queledeldarfur non può alora essere ignorato: se il problema fosse egato al fatto che anche il silenzio, come a parola, talvolta non viene compreso perché si esprime in un inguaggio per noi ostico, se non addirittura incomprensibile, ben venga ’operadi chi, comedaoud Hari, se ne fa traduttore, per aprire e orecchie ed il cuoredi chi, chiuso nel’indolente ed egoistica curadei propri interessi, non riesce più neppure ad avvertire il gridodidoloredei propri frateli abbandonati a se stessi nel’indifferenzadei più.