Giardini. Riflessioni sulla condizione umana - 9788893252201

Giardini. Riflessioni sulla condizione umana: "Cos'è che risveglia nel genere umano l'anelito alla ricreazione del Paradiso perduto? Capolavoro inimitabile, imitazione improbabile; eppure ogni neonato giardino del mondo rinnova la sfida impossibile, tentando di riprodurre quell'impronta divina. Questa è la riscoperta d'una domanda perduta e ritrovata da Robert Pogue Harrison, che risponde, aprendo per noi i giardini delle meraviglie, ovvero la rassegna delle imitazioni, come farebbe un mago comparativista. In questo "romanzo dei giardini" l'Eden è il protagonista, anche zoologico; segue l'Academos platonica, poi il giardino "privato" di Epicuro dove si coltiva "l'in sé e per sé". La lunga sequenza ci conduce fino a Versailles, e forse a Bomarzo; e ad altre mete della mente girovaga, come i campus universitari contemporanei, cosiddetti vivai d'intelligenza. L'autore è un "coltivato giardiniere" di piante mentali, che ci porta in giro a bordo della sua scrittura, sorprendente come un ottovolante, di giardino in giardino. Dove i cancelli della superstizione sbarrano l'accesso ai giardini sapienti, l'autore ermeneuta, corredato degli strumenti del fabbro, li apre con le ingegnose chiavi del giardinaggio filosofico. Inevitabile che i giardini evochino il ricordo del Paradiso perduto, ma allo svelamento del segreto si contrappone la censura del verde ombreggiato dalla controra. Nei luoghi dell'architettura botanica si vive in uno spazio senza tempo, quasi eterno: questo è l'ovvio segreto che ci rivelano le piante, mentre tutti cercano il non tempo che non c'è, trovando solo l'eternità indifferente della natura. Incanta l'ese
"What is it that awakens in mankind the yearning for the recreation of Paradise Lost? Inimitable masterpiece, unlikely imitation; yet every newborn garden in the world renews the impossible challenge, trying to reproduce that divine imprint. This is the rediscovery of a lost and newfound question by Robert Pogue Harrison, who answers, opening for us the wonder gardens, that is the review of imitations, as a comparative wizard would. In this "novel of the gardens" Eden is the protagonist, even zoological; follows the Platonic Academos, then the "private" garden of Epicurus where "the in and of itself" is cultivated. The long sequence takes us all the way to Versailles, and perhaps to Bomarzo; and other destinations of the wandering mind, such as contemporary university campuses, so-called intelligence nurseries. The author is a "cultivated gardener" of mental plants, who takes us around aboard his writing, surprising as a roller coaster, from garden to garden. Where the gates of superstition block access to the savvy gardens, the hermeneval author, accompanied by the blacksmith's tools, opens them with the ingenious keys of philosophical gardening. Inevitably, the gardens contravene the memory of Paradise lost, but the unveiling of the secret is contrasted with the censorship of the green shaded by the counterra. In the places of botanical architecture we live in a timeless, almost eternal space: this is the obvious secret that plants reveal to us, while everyone seeks the non-time that is not there, finding only the indifferent eternity of nature. Enchant the ese