Non fare stronzate, non morire. Un addio a Vic Chesnutt - 9788832036138

Non fare stronzate, non morire. Un addio a Vic Chesnutt: "Ciò di cui era capace quest'uomo era sovrumano. Vic era brillante, spassoso e indispensabile, le sue canzoni messaggi dall'etere privi di censura. Aveva sviluppato uno stile alla chitarra che gli consentiva di suonare il basso, la ritmica e la solista nella stessa canzone, e questo utilizzando solo due dita. Il tempo fluido della sua musica era inimitabile, la sua poesia era incontaminata da influenze. Era il mio migliore amico. Non ho mai visto la carrozzina, per me era invisibile, ma lui sì. Quando il nostro camerino era in cima a una rampa di scale, mi diceva con nonchalance che ci saremmo visti dopo, al bar. Quando entrambi contraemmo la stessa malattia, gli dissi che non avevo mai provato un dolore più forte di quello. «Io non provo dolore» mi disse lui. Ovviamente. Me n'ero dimenticata. Quando gli chiesi di farci una passeggiata sotto la pioggia sul marciapiede mi disse che le sue mani si sarebbero bagnate. Seduta sul palco con lui, gli chiedevo di suonare una canzone e lui mi faceva il dito medio, che significava "oggi queste dita non funzionano". A me sembrava inespugnabile, immenso e meraviglioso, ma credo che Vic vedesse Vic come qualcosa di piccolo, difettoso, triste. Non so se riuscirò ancora ad ascoltare la sua musica, ma so quanto è necessario che la ascoltino gli altri. Quando ricevetti la telefonata che avevo temuto per quindici anni, persi il mio equilibrio. Tutto il mio essere si spostò a sinistra. Non riuscivo a stare in piedi senza finire contro il muro, e morivo di freddo. Non credo che mi piaccia questo pianeta senza Vic. Avevo giurato che non ci avre
"What this man was capable of was superhuman. Vic was brilliant, hilarious and indispensable, his songs messaged from the uncensored ether. He had developed a guitar style that allowed him to play bass, rhythm and solo in the same song, and this using only two fingers. The fluid tempo of his music was inimitable, his poetry was untouched by influences. He was my best friend. I never saw the wheelchair, it was invisible to me, but he did. When our dressing room was at the top of a flight of stairs, he told me nonchalantly that we would see each other later, at the bar. When we both contracted the same disease, I told him that I had never experienced a pain greater than that. "I don't feel pain," he told me. Obviously. I forgot. When I asked him to take a walk in the rain on the sidewalk, he told me that his hands would get wet. Sitting on stage with him, I asked him to play a song and he would give me the middle finger, which meant "these fingers don't work today." It seemed impregnable to me, immense and wonderful, but I think Vic saw Vic as something small, defective, sad. I don't know if I can still listen to your music, but I do know how much it is necessary for others to listen to it. When I got the phone call I had been dearly for fifteen years, I lost my balance. My whole being moved to the left. I couldn't stand without falling against the wall, and I was dying of cold. I don't think I like this planet without Vic. I swore He wouldn't have us