Cibo - 9788823517776

Cibo: "Non riesco a sopportare quelli che non prendono seriamente il cibo", diceva Oscar Wilde. Oggi è diventato una delle principali occupazioni, ossessioni, manie; la cucina insieme all'ordalia igienista di ciò che fa bene o fa male sono le ronzanti colonne sonore delle nostre giornate. Prendere sul serio il cibo, però, è altra questione. Di certo, senza tanto proporselo, lo fanno Elena, la donna che si racconta in questo libro, e Daniela, la massaggiatrice alla quale si rivolge per impegnarsi a fondo in una dieta dimagrante e rimodellare il proprio corpo. Perché quello che condividono durante le loro sedute è qualcosa di profondo. A ogni piatto che nominano, a ogni ricetta o tradizione rievocata, riaffiorano un ricordo, un'amicizia, un amore, un rito di famiglia, una ferita. Le creme di piselli e i krapfen delle feste di Ulrike, anoressica per desiderio di perfezione, nella Monaco dell'infanzia e dell'adolescenza di Elena; i praghesi gnocchi di pane alla prugna di Ruzena, obesa per allontanare l'incubo dei carri armati sovietici e il dolore dell'esilio; i gattò di Teresa, che rivendica cucinando la sua identità; i pranzi domenicali della nonna veneta e contadina di Daniela; fino alle aringhe salate che risvegliano in Elena la memoria dei kiddush del sabato nella sua famiglia ebraica, e soprattutto del padre scomparso troppo presto. Alla fine di un romanzo che mescola e unisce, come fa il cibo, individui e culture, Helena Janeczeksi riserva ancora lo spazio di una riflessione su una tragedia dei nostri anni, il crollo delle Twin Towers, attraverso le storie dei cuochi che nelle
"I can't stand those who don't take food seriously," Oscar Wilde said. Today it has become one of the main occupations, obsessions, manias; the kitchen together with the hygienist ordeal of what does good or hurts are the buzzing soundtracks of our days. Taking food seriously, though, is another matter. Of course, without much propitsiation, Elena, the woman who tells herself in this book, and Daniela, the masseuse to whom she turns to fully engage in a slimming diet and reshape her body. Because what they share during their sessions is something profound. With every dish they name, with every recipe or tradition recalled, a memory, a friendship, a love, a family rite, a wound resurface. The pea creams and krapfen of Ulrike's parties, anorexic out of desire for perfection, in the Monaco of Elena's childhood and adolescence; the Prairy bread dumplings to the plum of Ru?ena, obese to ward off the nightmare of Soviet tanks and the pain of exile; i gatted Teresa, who claims by cooking her identity; Sunday lunches of Daniela's Venetian and peasant grandmother; up to the salty herring that awakens in Helen the memory of the Saturday kiddush in his Jewish family, and especially of his father who died too soon. At the end of a novel that mixes and unites, as food does, individuals and cultures, Helena Janeczeksi still reserves the space for a reflection on a tragedy of our years, the collapse of the Twin Towers, through the stories of the cooks who in the