Lexia. Rivista di semiotica. Ediz. bilingue. Vol. 21-22: Censura-Censorship - 9788854891272

Lexia. Rivista di semiotica. Ediz. bilingue. Vol. 21-22: Censura-Censorship: Concepire il mondo semioticamente come un dualismo di significante e significato, o come un trialismo di representamen, interpretante e oggetto, implicitamente suggerisce una definizione allargata di censura: vi è censura in ogni scelta di significante che tarpa il significato, in ogni ambito interpretativo o comunicativo che incanala il flusso della semiosi. Questa teorizzazione astratta della censura ha un rischio e un vantaggio. Da un lato, è importante distinguere i casi in cui la costrizione del linguaggio risponde all'intenzionalità di una prepotenza: qualcosa non è detto, dipinto, filmato, musicato, o addirittura non è pensato, o è pensato solo a metà, perché urta gli interessi di un'agentività minacciosa, gerarchicamente superiore, capace d'infliggere danno e dolore. Una riflessione semiotica seria sulla censura non può distogliere gli occhi dal problema del potere e dei suoi abusi. Dall'altro lato, pensare alla censura come dimensione semiotica aiuta a meglio identificare la sua tragedia ultima, che non consiste tanto nel dolore che infligge, o nella frustrazione che provoca, ma nell'ottusità che dissemina nel lungo periodo della storia della cultura. Una semiotica della censura è allora principalmente ricognizione delle forze che, nella storia, reprimono la libera innovazione del senso e, con essa, l'umanità.
Conceiving the world semiotically as a dualism of signifier and signified, or as a trialism of representamen, interpretant and object, implicitly suggests an expanded definition of censorship: there is censorship in every choice of signifier that cuts off the meaning, in every interpretative or communicative sphere that channels the flow of semiosis. This abstract theorization of censorship has a risk and an advantage. On the one hand, it is important to distinguish the cases in which the constraint of language responds to the intentionality of an arrogance: something is not said, painted, filmed, set to music, or even is not thought, or is only half thought out, because it offends the interests of a threatening agency, hierarchically superior, capable of inflicting damage and pain. A serious semiotic reflection on censorship cannot take our eyes off the problem of power and its abuses. On the other hand, thinking of censorship as a semiotic dimension helps to better identify its ultimate tragedy, which consists not so much in the pain it inflicts, or in the frustration it causes, but in the obtuseness it disseminates over the long period of the history of culture. A semiotics of censorship is therefore mainly a recognition of the forces that, in history, repress the free innovation of meaning and, with it, humanity.