Psychogame. Fare psicoterapia con il gioco dell'intervisione - 9788865314616

Psychogame. Fare psicoterapia con il gioco dell'intervisione: "Nella commedia di Peter Pan il capo dei pirati ripete ad ogni occasione il suo ultimo discorso per il timore di non aver tempo di farlo quando si tratterà di morire davvero. Questo lavoro ha esattamente lo stesso senso: vuole essere l'eredità che lascio a quanti hanno lavorato, ragionato e si sono appassionati con me sui temi della sofferenza mentale e la sua cura, senza per questo mettere fretta a nessuna oscura lavoratrice dell'Ade. La prima parte teorica è un liofilizzato della esperienza di 35 anni di lavoro sempre attenta a unire l'efficacia dimostrata degli interventi con le peculiarità di ciascun paziente irriducibile alla diagnosi categoriale, più invecchio e più mi sembra che la diagnosi in asse I di ciascun paziente sia il suo nome e in asse II il suo cognome ad indicare l'origine familiare e culturale del suo particolare modo di stare al mondo, per creare percorsi terapeutici personalizzati e unici che rifuggono dal richiamo semplicistico dei protocolli clinici standardizzati, veri killer del ragionamento psicopatologico e clinico, che mortificano la creatività del terapeuta riducendolo a mero somministratore di tecniche. Nel 2000 nell'introduzione de "La Mente Prigioniera" dichiaravo con Sandra Sassaroli "l'ambiatone di insegnare concretamente come si progetta e si conduce una terapia cognitiva, ponendoci le seguenti domande: come funzionano gli esseri umani? Cos'è che li fa soffrire? Qual'e la differenza fra sofferenza esistenziale normale e disturbo mentale? Perché, nonostante soffra un individuo non cambia? Cosa deve fare uno psicoterapeuta per riattivare il
"In Peter Pan's play, the pirate leader repeats his last speech at every opportunity for fear of not having time to do so when it comes to actually dying. This work makes exactly the same sense: it wants to be the legacy that I leave to those who have worked, reasoned and are passionate with me on the issues of mental suffering and its care, without putting in a hurry to any obscure worker of Hades. The first theoretical part is a litheized experience of 35 years of work always careful to combine the proven effectiveness of interventions with the peculiarities of each irreducible patient to the category diagnosis, the older and more it seems to me that the diagnosis in each patient's Axis I is his name and in axis II his surname indicates the family and cultural origin of his particular way of being in the world, to create personalized and unique therapeutic pathways that eschew the simplistic recall of protocols standardized clinicians, true killers of psychopathological and clinical reasoning, who mortify the creativity of the therapist reducing it to mere data giver of techniques. In 2000, in the introduction of "The Prisoner Mind", I declared with Sandra Sassaroli "the ambition to teach concretely how to design and conduct cognitive therapy, asking the following questions: how do humans work? What makes them suffer? What is the difference between normal existential suffering and mental disorder? Why, even if an individual is suffering, does it not change? What does a psychotherapist have to do to reactivate the