Di pari passo - 9788868674151

Di pari passo: "Io sono pensiero inchiostro pergamena / ingabbiata in radicato vizio / di trapassare nude mani / crepe pieghe terra carne / in un gelido budello di annodate assenze / e sul braccio piegato a cuscino / macino il mio grumo di terra / al sapore di ruggine e sangue". È il testo proemiale, introduttivo, di questa raccolta di Lina Luraschi, Di pari passo: un testo in cui emergono, come vere e proprie indi-cazioni di poetica, almeno due passaggi, ossia il primo verso e il penultimo. Certo, già il titolo della silloge, Di pari passo, è di per sé sufficientemente significativo di una vo-lontà di auscultare la vita nei suoi gangli anche più dolorosi, mettendo in scena un progressivo, "meditato", avanzamento nei territori dell'anima "di pari passo"; ma questi versi evidenziati, il primo cioè e il settimo, svelano la consapevolezza dell'Autrice nei confronti della natura della sua ope-razione ("pensiero, inchiostro, pergamena") e della stessa consistenza del proprio creaturale ego come "grumo di terra" con cui fare quotidianamente i conti. C'è, infatti, nel primo una sorta di climax emozionale che porta il discorso da una pregnanza in praesentia (il "pensiero", come coscienza dell'hic et nunc) verso una progressiva descensio, una di-scesa all'indietro (l'"inchiostro", prima, e l'allusivo supporto della scrittura, la "pergamena"): "una sfida antica", la chiama così nel secondo testo, come dire una messinscena di sé nel teatro del "tem-po", che si svolge, come una faticosa battaglia con i propri fantasmi nei notturni ambulacri dell'anima, "sotto pelle", in "una memoria di carne", reclam
"I am thought ink parchment / caged in rooted vice / to pierce bare hands / cracks folds earth flesh / in an icy gut of knotted absences / and on the arm folded to pillow / grind my lump of earth / to the taste of rust and blood". It is the introductory proemial text of this collection by Lina Luraschi, Di pari passo: a text in which at least two passages emerge, as real indications of poetics, namely the first verse and the penultimate. Of course, already the title of the silloge, Hand in hand, is in itself sufficiently significant of a desire to auscultate life in its most painful ganglia, staging a progressive, "meditated", advancement in the territories of the soul "hand in hand"; but these highlighted verses, the first and the seventh, reveal the author's awareness of the nature of her work ("thought, ink, parchment") and of the very consistency of her creaturely ego as a "lump of earth" with which to deal daily. There is, in fact, in the first a sort of emotional climax that brings the discourse from a poignancy in praesentia (the "thought", as consciousness of the hic et nunc) towards a progressive descensio, a descent backwards (the "ink", first, and the allusive support of writing, the "parchment"): "an ancient challenge", he calls it so in the second text, as if to say a staging of oneself in the theater of "tem-po", which takes place, like a tiring battle with one's ghosts in the nocturnal ambulatories of the soul, "under the skin", in "a memory of flesh", reclam