Nessuna notte è infinita. Riflessioni e strategie per educare dopo Auschwitz - 9788820410117

Nessuna notte è infinita. Riflessioni e strategie per educare dopo Auschwitz: Auschwitz ci parla ancora? Ne intendiamo ancora il messaggio? Riusciamo a capirlo, o ci limitiamo a celebrarlo? Al di là della Giornata della Memoria e delle iniziative che essa porta con sé ogni anno, sorge il dubbio che il discorso su Auschwitz sia in qualche modo un discorso "addomesticato", che non giunga più a scuotere le coscienze, soprattutto quelle giovanili. E invece siamo ancora e sempre più convinti che proprio una riflessione critica sulla Shoah, sulle dinamiche di potere e di complicità che questo evento ha messo in scena, sulla dimensione specificamente pedagogica ed "educativa" che l'ha accompagnato, sulle grandi domande di senso che ha mobilitato sia ancora la più importante tra le necessità educative del XXI secolo. Studiare Auschwitz, parlarne, analizzarlo criticamente è una esigenza che, come diceva Adorno, "precede di tanto ogni altra, che credo non sia necessario fondarla né si abbia il dovere di farlo". Ma come parlare oggi della Shoah? E come farlo senza smarrirne il senso dell'unicità ma al contempo senza rinunciare a farne il punto di partenza per parlare di altri volti dell'inumano, passati, presenti e futuri? Come conciliare la necessaria fedeltà all'oggetto-Auschwitz e la necessità di farsi intendere da giovani generazioni che abitano linguaggi così differenti? Auschwitz è una esigenza educativa: ma come farvi fronte quando l'educazione stessa sembra essere uscita a pezzi dall'evento del quale dovrebbe trattare?
Auschwitz still speak to us? I intend to still the message? We can figure it out, or we just celebrate it? Beyond the Holocaust Memorial Day and the initiatives that it brings each year, doubt that speech about Auschwitz is somehow a speech "tamed", which does not reach more to shake consciences, especially those of young people. But we are still and ever more convinced that a critical reflection on the Shoah, the dynamics of power and complicity that this event was staged on the pedagogical dimension specifically and "educational" that has accompanied, on the great questions of meaning that mobilized is still the most important of the educational needs of the 21st century. Studying Auschwitz, talk about it, analyze it critically is a requirement that, as Adorno, "precedes every each other, which I think it is not necessary to establish nor has a duty to do so." But how to talk today about the Holocaust? And how to do it without losing the sense of uniqueness, yet without renouncing to be the starting point for talking about the other faces of inhuman, past, present and future? How to reconcile the necessary fidelity to the object-Auschwitz and the need to make themselves understood by younger generations who live such different languages? Auschwitz is an educational requirement: but how to cope with it when the education itself seems to be exit apart from the event which should treat?