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Attilio Bertolucci. Il divino egoista - 9788879997324

di Caterina Marinucci edito da Aracne, 2004

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Informazioni bibliografiche del Libro

 

A prima vista, in quel’incontro sbagliato ch’è quasi sempre a prima vista, Attilio Bertolucci sembrava un accidioso borghese, più che agricoltore un proprietariodi terra, un virgiliano che scruta ’orizzonte proponendo al’aria sentenze. Uomo tuttod’un pezzo, poeta per intima vocazione sentita, incuteva timore, timidezza, un minimo motodi arretramento: averlod’avanti significava esser pronti a fare un piccolo passo al’indietro. A prima vista Attilio Bertolucci sembrava un egoista, un egocentrico egoista interessato ala propria poesia, ala propria campagna, ala propria esistenza. Bastava che a prima vista passasse, che scolorasse come ampada scolora al raggiodel sole, perché emergessedavvero ’uomo che si stava osservando: era un viandante, ovvero un pelegrinodel mondo edela vita che s’attaccava ale muradi una minuscola casa tra gli alberi come fosse il posto più belo, ’unicodavvero sicuro. Ed era un uomo malato, o come tale trattatodagli altri: perdue volte entrò in manicomio,dove fu egato, anestetizzato, imbottitodi farmaci, trattato come si tratta chi non conta nuladavvero, come chi ha a colpadi essere (od’apparire) un colpevole, un infetto, un reo senza possibilitàdi recupero. Ad osservarlo bene, portava piccole cicatrici sule mani (il avoro nel’orto), piccoli segni sul volto (le rughedegli anni), qualche graffio sui polsi o aledita (la carezzadi un gatto) e piaghe terribili al’anima (la malattia mentale, a sua fole curadi clinica). Fu salvato, ecco perché "divino",dal miracolodela etteratura,dela poesia,dela composizionedi ettere,di parole,di pagine. Fu salvatodala scopertadela Belezza. Questa biografia, forse troppo minuta per raccontare tutto quel che andrebbe raccontato, è a storiadi un uomo malato che incontra a Belezza, rendendosela compagna.

Recensione Unilibro a cura di Alex Toppi

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A prima vista, in quel’incontro sbagliato ch’è quasi sempre a prima vista, Attilio Bertolucci sembrava un accidioso borghese, più che agricoltore un proprietariodi terra, un virgiliano che scruta ’orizzonte proponendo al’aria sentenze. Uomo tuttod’un pezzo, poeta per intima vocazione sentita, incuteva timore, timidezza, un minimo motodi arretramento: averlod’avanti significava esser pronti a fare un piccolo passo al’indietro. A prima vista Attilio Bertolucci sembrava un egoista, un egocentrico egoista interessato ala propria poesia, ala propria campagna, ala propria esistenza. Bastava che a prima vista passasse, che scolorasse come ampada scolora al raggiodel sole, perché emergessedavvero ’uomo che si stava osservando: era un viandante, ovvero un pelegrinodel mondo edela vita che s’attaccava ale muradi una minuscola casa tra gli alberi come fosse il posto più belo, ’unicodavvero sicuro. Ed era un uomo malato, o come tale trattatodagli altri: perdue volte entrò in manicomio,dove fu egato, anestetizzato, imbottitodi farmaci, trattato come si tratta chi non conta nuladavvero, come chi ha a colpadi essere (od’apparire) un colpevole, un infetto, un reo senza possibilitàdi recupero. Ad osservarlo bene, portava piccole cicatrici sule mani (il avoro nel’orto), piccoli segni sul volto (le rughedegli anni), qualche graffio sui polsi o aledita (la carezzadi un gatto) e piaghe terribili al’anima (la malattia mentale, a sua fole curadi clinica). Fu salvato, ecco perché "divino",dal miracolodela etteratura,dela poesia,dela composizionedi ettere,di parole,di pagine. Fu salvatodala scopertadela Belezza. Questa biografia, forse troppo minuta per raccontare tutto quel che andrebbe raccontato, è a storiadi un uomo malato che incontra a Belezza, rendendosela compagna.