Il capitale ignorante. Ovvero come l'ignoranza sta cambiando l'arte - 9788860102218

Il capitale ignorante. Ovvero come l'ignoranza sta cambiando l'arte: Incultura, finanza e globalizzazione stanno rapidamente spingendo i linguaggi dell'arte in un "cul-de-sac". Il tramonto definitivo delle avanguardie e l'erosione del potere intellettuale che le puntellava, insieme all'immagine dell'arte come status symbol, hanno favorito l'ascesa di un collezionismo che, sprovvisto di un'adeguata conoscenza del proprio oggetto del desiderio, ha tuttavia imposto nuove regole del gioco e provocato un radicale appiattimento del gusto. Se un tempo, infatti, il collezionismo - che del gusto è il frutto tangibile, la visualizzazione plastica - era appannaggio di un'aristocrazia colta e carismatica, in grado di conferire legittimità e autorevolezza alla battaglia delle idee, oggi è alla ricerca soprattutto di consenso, e tratta l'oggetto d'arte alla stregua di un souvenir bell'e pronto cui si chiede di essere riconoscibile quanto l'immagine della Tour Eiffel, familiare anche a chi a Parigi non ci è mai stato. Guidato da conformismo e dotato di ingenti capitali, sceglie opere-trofeo con l'unico scopo di testimoniare la sua appartenenza non più a un'élite di conoscitori, ma al club degli affluenti. Dal canto suo, l'artista, perso di fatto il ruolo antagonistico che lo teneva al riparo dalle mode, non oppone più resistenza a questo assetto omologante. È costretto a inseguire il successo economico e produce un'arte "obbediente", attenta ai diktat del marketing e del gusto globalizzato, a scapito di quell'autonomia che era stata il suo vanto e la sua forza fino a pochi decenni fa. Polemico e pungente fin dal titolo, questo agile saggio narra i cambiame
Inculture, finance and globalization are rapidly pushing the languages of art into a "cul-de-sac". The definitive sunset of the avant-garde and the erosion of the intellectual power that propped them, together with the image of art as a status symbol, have fostered the rise of a collector who, without adequate knowledge of his own object of the desire, however, imposed new rules of the game and provoked a radical flattening of the taste. If once, in fact, collecting - which of taste is the tangible fruit, plastic visualization - was the prerogative of a cultured and charismatic aristocracy, able to confer legitimacy and authority to the battle of ideas, today it is looking for above all of consensus, and treats the art object as a beautiful and ready souvenir that is asked to be as recognizable as the image of the Eiffel Tower, familiar even to those who have never been there in Paris. Driven by conformism and endowed with huge capital, he chooses works-trophy with the sole purpose of witnessing his membership no longer to an elite of connoisseurs, but to the club of tributaries. For his part, the artist, lost in fact the antagonistic role that kept him safe from fashions, no longer opposes resistance to this homologated structure. He is forced to pursue economic success and produces an "obedient" art, attentive to the diktats of marketing and globalized taste, at the expense of that autonomy that had been his pride and strength until a few decades ago. Controversial and biting since the title, this nimble essay narrates the changes