La vendetta è il racconto. Testimonianze e riflessioni sulla Shoah - 9788833917351

La vendetta è il racconto. Testimonianze e riflessioni sulla Shoah: Il tempo trascorso dalla Shoah e l'immane letteratura cresciuta intorno a essa non sembrano averla consegnata agli archivi della comprensione umana; a sovrastarci è ancora e sempre l'oltranza dell'evento, che ci mette di fronte, con Macbeth, a una storia "piena di frastuono e di furore, che non significa nulla". In quello strepito abitato dall'inumano, Mengaldo tende l'orecchio ai frammenti di senso che solo le fonti testimoniali ci lasciano percepire. E il suo libro si distingue proprio per l'intonazione polifonica e contrappuntistica che conferisce alle voci del dolore, accostandole e giustapponendole tra loro. Più che il perché, è il "come" dello sterminio a guidare il suo procedere tra vuoti e pieni della memoria delle vittime, tra banalità del male e modernità, tra linguaggi dei lager e muta eloquenza dei corpi, tra metamorfosi dell'odio antisemita e tentativi di preservare tracce di cultura umana nell'orrore della deportazione. Illuminanti per il discorso critico risultano sia le concordanze perfette sia le evidenti discordanze nella rammemorazione degli stessi avvenimenti, e i sistematici raffronti di entrambe con la memorialistica dei gulag o le lettere da altre prigionie.
The time elapsed since the Holocaust and the immense literature grew up around it don't seem to have it delivered to the archives of the human understanding; to overwhelm us is still and always the bitter end of the event, which puts us in front, with Macbeth, in a story full of noise and fury, signifying nothing ". Into that blustered inhabited by inhuman, Mengaldo tends his ear to the fragments of meaning that only witness sources allow us to perceive. And his book stands out due to the polyphonic voicing and contrapuntal which gives the voices of sorrow, aligning them and giustapponendole each other. More than the why, the how of extermination to drive his proceed between empty and full of the memory of the victims, between banality of evil and modernity, between languages of lager and mute eloquence of bodies, between antisemitic hatred metamorphosis and attempts to preserve traces of human culture into the horror of the deportation. Lighting fixtures for the critical discourse are both obvious discrepancies in perfect concordance singular remembrance of the same events, and the systematic comparisons of both with the memoir of gulag or the letters from other prisons.