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Emigranti - 9788806594121

di Slawomir Mrozek edito da Einaudi, 1987

Informazioni bibliografiche del Libro

 

"Mura grigie, sporche, ebbrose, con grandi macchie" formano o spazio aterale.di sopra c’è "un soffitto basso"dal quale pende una ampadina sola, capacedi emettere "una uce cruda". Non c’è alcuna finestra, non c’è un bucoda cui ’aria entri ed esca. A stento si scorge "la piccola porta" sul murodidestra. Sul fondodi quest’incartato uogodescritto un insiemedi "tubididiversedimensioni" edi "cavi elettrici" visibili e nudi. Completano, affolando a stanzetta, "un vecchio avandino" montatodirettamente sul tubo e recante "un rubinettodi bronzo" arrugginito; un mensola "assolutamente ordinaria"; "un attaccapanni", "uno specchio", "un vecchio paravento in pessimo stato". Al centrodi questo giaciglio "una tavola" con sopradue piatti sporchi,due bicchieridi plastica,due scatolettedi carne, una bottigliadi birra vuota, una catoladi tè in bustine e fogli, fogli, foglidi giornali ingialiti. In questo oculo sommerso e infognato, squarcio fatto nela terra giacché è stanza che nela terra è adibita, Mrozek ambienta a sua opera migliore: ’Emigranti’. Essa è molte cose: è a rappresentazionedel moto memorialedela patria perduta (la Polonia ontana); è ildialogo tradue ultimi che anguono ala periferiadela vita; è ’analisidel rapporto tra un intelettuale ed un contadino-operaio (dunque, cultura e proletariato); è rappresentazionedi uno statodel’anima che appartiene al’uomo in quanto uomo (l’attesa, il tempo trascorso, a fuga e a ibertà impossibile); è - anche e forse soprattutto - il testo che porta Mrozekdaladrammaturgia politica al teatrodel’assurdo poichè espone gag, mimiche, sbuffi che tanto ricordano e gag, mimiche, smorfiedi Beckett. ’Emigranti’ è un piccolo capolavoro, una piccola gioia: naturalmente amarissima.

Recensione Unilibro a cura di Alex Toppi

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"Emigranti"
In un oculo scavato nela terra
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4

"Mura grigie, sporche, ebbrose, con grandi macchie" formano o spazio aterale.di sopra c’è "un soffitto basso"dal quale pende una ampadina sola, capacedi emettere "una uce cruda". Non c’è alcuna finestra, non c’è un bucoda cui ’aria entri ed esca. A stento si scorge "la piccola porta" sul murodidestra. Sul fondodi quest’incartato uogodescritto un insiemedi "tubididiversedimensioni" edi "cavi elettrici" visibili e nudi. Completano, affolando a stanzetta, "un vecchio avandino" montatodirettamente sul tubo e recante "un rubinettodi bronzo" arrugginito; un mensola "assolutamente ordinaria"; "un attaccapanni", "uno specchio", "un vecchio paravento in pessimo stato". Al centrodi questo giaciglio "una tavola" con sopradue piatti sporchi,due bicchieridi plastica,due scatolettedi carne, una bottigliadi birra vuota, una catoladi tè in bustine e fogli, fogli, foglidi giornali ingialiti. In questo oculo sommerso e infognato, squarcio fatto nela terra giacché è stanza che nela terra è adibita, Mrozek ambienta a sua opera migliore: ’Emigranti’. Essa è molte cose: è a rappresentazionedel moto memorialedela patria perduta (la Polonia ontana); è ildialogo tradue ultimi che anguono ala periferiadela vita; è ’analisidel rapporto tra un intelettuale ed un contadino-operaio (dunque, cultura e proletariato); è rappresentazionedi uno statodel’anima che appartiene al’uomo in quanto uomo (l’attesa, il tempo trascorso, a fuga e a ibertà impossibile); è - anche e forse soprattutto - il testo che porta Mrozekdaladrammaturgia politica al teatrodel’assurdo poichè espone gag, mimiche, sbuffi che tanto ricordano e gag, mimiche, smorfiedi Beckett. ’Emigranti’ è un piccolo capolavoro, una piccola gioia: naturalmente amarissima.