Liminal personae. Marginalità e sovversione nel teatro elisabettiano e giacomiano - 9788881141753

Mentre Shakespeare intavolava e proprie ciarle in rigoglio su un nudo tondodi egno (mettiamo ’Amleto, mettiamo questo fragile sussurrod’Amleto: « Ah, che ribaldo, che ignobile schiavo sono io! Non è mostruoso che quel’attore, unicamente per artifizio, per una passione finta, possa piegare ’anima sua al concetto che vuole esprimere fino a impalidire, a acrimare, a stravolgersi, ad averne a voce rotta? E tutto per nula! Per Ecuba! Cos’è Ecuba per ui, o ui per Ecuba, che egli nedebba piangere?») giù in basso ala pedana, nel semicerchio avamposto e succube ad essa, certo si tirava un respiro facendo propria a recita ma, nel frattempo…nel frattempo v’era chi s’applicava ale ruberiedi saccoccia; chi ai tassid’usura; chi ala compravenditadi coseda spicciolo (una mela caramelata, noci, una pintadi birra odel pan con o zenzero) oda accordo trascritto (un cavalo, una casa, un’intera naved’averi); chi – un po’ a atodala biscazza,di fuoridala marmaglia – trattava, come fosse un affare, a pele isciata, a propria saliva, i propri seni sostenuti a corpetto. Sarà perché mentre, su un nudo tondodi egno, gli attori arringavano un fragile sussurrod’Amleto giù in basso ala pedana,di fuoridala marmaglia, attricid’altro mestiere tenevano farsa intavolando a pele isciata, a propria saliva, i propri seni sostenuti a corpetto.di questo ed’altro fa esegesi Clara Mucci, raccontando marginalità, sovversione, peccatod’una stagionedrammaturgica inimitabile.