L'educazione in ostaggio. Sguardi sul carcere - 9788891752666

L'educazione in ostaggio. Sguardi sul carcere: Entrare in carcere è calarsi in un mondo insospettato con le sue regole, le sue pene aggiuntive fatte di umiliazioni, scherni, divieti arbitrari, ricatti e imposizioni che confondono il lecito e l'illecito, riconfigurando la linea di demarcazione tra detenuti e interpreti - non sempre irreprensibili - del sistema di giustizia. Un concentrato di malessere, rabbia, solitudine che le condizioni di reclusione e convivenza coatta in spazi asfittici moltiplicano, rendendo esplosive. Eppure, nonostante studi e statistiche abbiano dimostrato che un maggiore scambio con l'esterno riduce il rischio di recidiva, abbassi il livello di tensione e pericolosità, dentro e fuori dai luoghi di pena e detenzione, sul carcere e i suoi ospiti è riservata dall'opinione pubblica scarsa attenzione e soprattutto disprezzo, indifferenza, risentimento. In queste condizioni nessun avvicinamento, nessuna pratica di cambiamento è possibile: ognuno finisce per arroccarsi nei propri territori, coltivando rabbia e distacco. Nelle realtà in cui qualcosa è cambiato, decisiva è stata una destrutturazione degli schemi mentali e dei loro perimetri: la contrapposizione noi-loro è stata sostituita dalla logica noi-con-loro, a partire dal riconoscimento che le radici del male sono in ognuno di noi, per quanto diverso sia l'esito a cui portano. Si tratta di passare dal paradigma della distanza e della reciproca estraneità a quello della prossimità e della contaminazione, per vedere se e come questo cambia l'azione e la considerazione reciproca. Questo è ciò che tenta di fare il volume, dando voce a diversi soggetti
Entering prison is delving into an unsuspected world with its own rules, its additional penis made of humiliations, taunts, arbitrary bans, blackmail and impositions that confuse the licit and illicit, by reconfiguring the line between inmates and performers-not always beyond reproach-of the justice system. A concentrate of discomfort, anger, loneliness that the conditions of imprisonment and forced coexistence spaces asphyxiated multiply, making explosive. Yet despite studies and statistics have shown that an increased exchange with the outside world reduces the risk of recurrence, lower the level of tension and danger, both inside and outside the places of punishment and detention, the prison and his guests is given little attention by the general public and especially contempt, indifference, resentment. Under these conditions no approach, no practice of change is possible: everyone ends up clinging on their territories, growing anger and detachment. In reality in which something has changed, decisive was a deconstruction of thought patterns and their perimeters: the opposition us-them was replaced by logic we with them, starting from the recognition that the roots of evil in all of us, no matter how different the outcome that they bring. It is to move from the paradigm of distance and mutual strangeness in the vicinity and contamination, to see if and how this changes the action and mutual consideration. This is what I try to do the volume, giving voice to different subjects