Quel fascista di Pansa - 9788817109321

Quel fascista di Pansa: «Gli italiani della mia generazione (sono nato nell'ottobre 1935 e ho 83 anni) portano sulla gobba una colpa che non gli verrà mai cancellata. È quella di essere stati fascisti. A nostra difesa va detto che era quasi impossibile non esserlo. Certo ci sono state delle minoranze eroiche di oppositori. Ma il regime di Benito Mussolini si è rivelato molto pervasivo, lasciando la sua impronta nell'intera società italiana. Anche il Pansa è stato fascista per un paio di anni, dai sei ai sette, quando frequentava la prima elementare. Il bambino che vedete in copertina mentre fa il saluto romano sono io. Indosso la divisa di figlio della Lupa, il primo gradino dell'organizzazione della gioventù mussoliniana. La fotografia è stata scattata da mio padre Ernesto nel giugno 1943. Nell'autunno di quell'anno sarei diventato un balilla, ma in luglio il regime fascista cadde e non mi fu possibile continuare la mia carriera di militante. Conservo quella piccola foto e ho chiesto alla Rizzoli di metterla nella copertina di questo libro un po' strano. Racconta quanto mi accadde dopo aver pubblicato nel 2003 il mio lavoro più noto: "Il sangue dei vinti". Era dedicato alle vendette compiute dai partigiani trionfanti sui fascisti repubblicani sconfitti. Ed ebbe un successo di vendite travolgente che né io né l'editore ci aspettavamo. Segnò l'inizio di una serie di vicende che in qualche modo riflettono l'Italia entrata nei nevrotici anni Duemila. Prima di tutto non sono più stato ritenuto un rosso come credevo di essere, bensì un nero: Pansa il fascista ha gettato la maschera. Questo accese la ra
"Italians of my generation (I was born in October 1935 and I am 83 years old) carry on the hump a fault that will never be erased. It's that they were fascists. In our defence it must be said that it was almost impossible not to be. Of course there have been heroic minorities of opponents. But the regime of Benito Mussolini proved very pervasive, leaving its mark on the whole of Italian society. Pansa was also a fascist for a couple of years, from six to seven, when he was in first grade. The child you see on the cover doing the Roman salute is me. I wear the uniform of son of the Wolf, the first step of the organization of the Mussolinian youth. The photograph was taken by my father Ernesto in June 1943. In the autumn of that year I would have become a balilla, but in July the fascist regime fell and I was not able to continue my career as a militant. I keep that little photo and I asked Rizzoli to put it on the cover of this weird book. It tells what happened to me after I published in 2003 my best-known work: "The Blood of the Vans". It was dedicated to the revenges made by the triumphant partisans on the defeated Republican fascists. And it had an overwhelming sales success that neither I nor the publisher expected. It marked the beginning of a series of events that somehow reflect Italy entering the neurotic 2000s. First of all, I was no longer considered a red as I thought I was, but a black man: Pansa the fascist threw the mask. This turned on the ra