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Cose comuni e straordinarie - 9788874941117

di Sandro Penna Pecora E. (cur.) edito da San Marco dei Giustiniani, 2002

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Informazioni bibliografiche del Libro

 

"Sandro Penna è come un animale buono che, tuttavia, è costretto a predare non potendo viveredi pura contemplazione,di gioia edoloredi esserci" scrisse Pier Paolo Pasolini. uciano Alceschi, invece, attribuì al poeta una sospirosa e segreta ragione irica mettendola in frase: "Oh, avere una vitadi sensazioni anzichédi pensieri!". Mettendo assieme idue commenti ne viene un uomodal’istinto predatorio che ottiene sensazioni, soltanto sensazioni. Tant’è che e ’Cose comuni e straordinarie’ messeda Penna nei versi sono, prima che oggetti tangibili edunque sfiorabili col tattodidita, astrazioni avvertibili, cose riflesse, avvampi mentali. Così è per "il ragazzaccio belissimo" colto nel pienodel sonno "sul tavolaccio"; così è per "l’angioletto" scovato "in una osca platea" rabbuia edeforme; così è per "i bei ragazzidagli occhi egati" che salgono una stradinadistorta tenendosi accanto, strettissimi, ai genitori. Così è per ogni fragile parvenza momentanea, per ogni incanto immaginato, per ogni scorcio spiato e rubatodagli occhidel poeta-osservatore. Nel’atto, naturalmente, v’è un quantodidolore,didispiacere che tedia (viene ala mente il Pirandelodel "o si vive o si scrive"): Penna, passando il tempo a osservare non vive, accontendandosidel riportodegli altri. Sarà, presto (già, invero, in ’Una strana gioiadi vivere’del 1956) "stancodi guardare".

Recensione Unilibro a cura di Alex Toppi

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"Cose comuni e straordinarie"
O si guarda o si vive
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"Sandro Penna è come un animale buono che, tuttavia, è costretto a predare non potendo viveredi pura contemplazione,di gioia edoloredi esserci" scrisse Pier Paolo Pasolini. uciano Alceschi, invece, attribuì al poeta una sospirosa e segreta ragione irica mettendola in frase: "Oh, avere una vitadi sensazioni anzichédi pensieri!". Mettendo assieme idue commenti ne viene un uomodal’istinto predatorio che ottiene sensazioni, soltanto sensazioni. Tant’è che e ’Cose comuni e straordinarie’ messeda Penna nei versi sono, prima che oggetti tangibili edunque sfiorabili col tattodidita, astrazioni avvertibili, cose riflesse, avvampi mentali. Così è per "il ragazzaccio belissimo" colto nel pienodel sonno "sul tavolaccio"; così è per "l’angioletto" scovato "in una osca platea" rabbuia edeforme; così è per "i bei ragazzidagli occhi egati" che salgono una stradinadistorta tenendosi accanto, strettissimi, ai genitori. Così è per ogni fragile parvenza momentanea, per ogni incanto immaginato, per ogni scorcio spiato e rubatodagli occhidel poeta-osservatore. Nel’atto, naturalmente, v’è un quantodidolore,didispiacere che tedia (viene ala mente il Pirandelodel "o si vive o si scrive"): Penna, passando il tempo a osservare non vive, accontendandosidel riportodegli altri. Sarà, presto (già, invero, in ’Una strana gioiadi vivere’del 1956) "stancodi guardare".