Faccetta nera. L'illusione coloniale italiana. Con ebook - 9788851157531

Faccetta nera. L'illusione coloniale italiana. Con ebook: «Se per il resto del mondo l'Abissinia era soltanto una curiosità enigmistica», scrive Arrigo Petacco, «per gli italiani aveva una collocazione di rilievo nell'immaginario collettivo. Tutti sapevano come e dove trovarla sulla carta geografica, e bastava nominarla per evocare luoghi fiabeschi, sentimenti intrisi di malinconia e desideri inespressi.» Anche per questo motivo, nei primi mesi del 1935, moltissimi giovani accolsero con entusiasmo la mobilitazione delle nostre forze armate per la guerra contro l'ultimo stato africano indipendente, che nessuno chiamava ancora Etiopia: in 50000 si arruolarono volontari. I nomi esotici di Asmara, Macallé, Addis Abeba promettevano un futuro avventuroso, e la radio, i giornali, i cinema, perfino i pacchetti di sigarette traboccavano di messaggi di propaganda. Faccetta nera, canzone popolare divenuta involontariamente inno di regime, è la colonna sonora di un'epoca: una marcetta che canta il colonialismo come liberazione di popoli schiavi e allude all'unione tra italiani e abissine, in un misto di goliardia e ingenuo paternalismo che ben presto lasciò il posto al razzismo scientifico e alla brutalità della guerra. Eppure, la storia dell'illusione coloniale italiana non coincide e non comincia con il fascismo: matura molto prima, nei progetti della neonata Italia unita, che rivendica il suo «posto al sole» al pari delle altre nazioni europee. È una storia contraddittoria e ricca di suggestioni. Petacco ce la racconta per intero, dalle prime manovre strategiche negli anni ottanta dell'Ottocento alla resa finale di Amedeo d'Aosta nel novem
"If for the rest of the world Abyssinia was only an enigmaous curiosity", writes Arrigo Petacco, "for Italians it had a prominent place in the collective imagination. Everyone knew how and where to find it on the map, and it was enough to name it to evoke fairy-tale places, feelings steeped in melancholy, and unspoken desires." For this reason too, in early 1935, many young people enthusiastically welcomed the mobilization of our armed forces for the war against the last independent African state, which no one still called Ethiopia: 50,000 volunteers enlisted. The exotic names of Asmara, Macallé, Addis Ababa promised an adventurous future, and radio, newspapers, cinemas, even cigarette packets overflowed with propaganda messages. Black face, a popular song that has become an unintentional anthem of regime, is the soundtrack of an era: a march that sings of colonialism as the liberation of enslaved peoples and alludes to the union between Italians and Abyssinians, in a mixture of goliardia and naive paternalism that soon gave way to scientific racism and the brutality of the war. Yet the history of Italian colonial illusion does not coincide and does not begin with fascism: it matures much earlier, in the projects of the new united Italy, which claims its "place in the sun" like other European nations. It is a contradictory story full of suggestions. Petacco tells us in full, from the first strategic maneuvers in the eighties of the nineteenth century to the final surrender of Amedeo d'Aosta in the novem