Apologia di Socrate-Critone. Testo originale a fronte - 9788807903403

Apologia di Socrate-Critone. Testo originale a fronte: Nel 399 a.C. Socrate fu trascinato in tribunale in un'Atene prostrata e inquieta. Il trentennale conflitto contro gli Spartani si era da poco concluso con un'amara e umiliante sconfitta: le mura della città erano state demolite, la sua prestigiosa flotta navale smantellata. La comunità era stata dilaniata dalla guerra civile: alti erano stati i costi in termini di relazioni personali. Con un decreto si impose di consegnare a un completo oblio ogni male e sofferenza. Ma un decreto, per quanto autorevole, non poteva bastare, di per sé, a cancellare torti e dolore. È in questa singolare temperie che Socrate fu tradotto dinanzi a una giuria popolare, accusato di corrompere i giovani e di non credere agli dei della città. Insomma, di pensarla "diversamente", di mettere in discussione i valori su cui Atene si fondava, ma anche di indurre in altri il medesimo atteggiamento critico. In quel momento di grande fragilità, quei discorsi erano forse più di quanto si potesse tollerare. Davanti ai giudici, Socrate si trovò nella posizione di chi deve pronunciare un'"apologia" del proprio operato. Ma il suo discorso non ebbe nulla a che vedere con quanto un imputato era solito dire. Decise di parlare senza tentare di manipolare a suo favore l'uditorio né di edulcorare i fatti. Non chiese pietà. Unicamente in nome dell'alétheia, della "verità", perché solo su di essa si poteva fondare la forma compiuta della "giustizia". Ben sapendo il risultato che avrebbe ottenuto.
In 399 BC Socrates was dragged to court in a prostrate and restless Athens. The thirty-year conflict against the Spartans had recently ended with a bitter and humiliating defeat: the city walls had been demolished, its prestigious naval fleet dismantled. The community had been torn apart by the civil war: the costs in terms of personal relationships had been high. By decree he imposed himself to surrender to a complete oblivion all evil and suffering. But a decree, however authoritative, could not be enough, in itself, to erase wrongs and pain. It was in this singular temperie that Socrates was translated before a popular jury, accused of bribing young people and not believing the gods of the city. In short, to think of it as "different", to question the values on which Athens was founded, but also to induce in others the same critical attitude. In that moment of great fragility, those speeches were perhaps more than could be tolerated. In front of the judges, Socrates found himself in the position of those who must pronounce an "apology" of his work. But his speech had nothing to do with what a defendant used to say. He decided to speak without attempting to manipulate the audience in his favor or to sweeten the facts. He didn't ask for mercy. Only in the name of alétheia, of "truth", because only on it could be founded the accomplished form of "justice". Well knowing the result he would get.