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Segni come parole. Il linguaggio perduto - 9788880689423
di Ausilio Priuli edito da Priuli & Verlucca, 2013
- Prezzo di Copertina: € 29.90
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Informazioni bibliografiche del Libro
- Titolo del Libro: Segni come parole. Il linguaggio perduto
- Autore: Ausilio Priuli
- Editore: Priuli & Verlucca
- Collana: Babelis turris
- Data di Pubblicazione: 2013
- Genere: arti
- Argomento : Arte primitiva
- Pagine: 216
- Dimensioni mm: 288 x 223 x 10
- ISBN-10: 8880689428
- ISBN-13: 9788880689423
Segni come parole. Il linguaggio perduto: Nell'ambito delle diverse culture preistoriche e protostoriche che hanno prodotto cultura figurativa, gli iconogrammi e ideogrammi condivisi dalla comunità culturale o dal gruppo sociale erano di tipo convenzionale, cioè di comune conoscenza ed uso e al contempo analogici, cioè capaci di evocare relazioni tra il concetto, l'oggetto concreto, l'evento, il mito e la loro rappresentazione. Le opere incise, scolpite, intagliate, plasmate, graffite e dipinte scoperte oramai in tutto il mondo e oggetto in questi ultimi cento anni di analisi - sovente da noi erroneamente definite artistiche in realtà, per coloro che le hanno realizzate, sono «storia sacra» e meta-linguaggio. I segni, che forse per comodità spesso definiamo simboli, sono infiniti e sono il frutto della sottigliezza metafisica del linguaggio e della sua struttura articolata. Ma i simboli non sono dei semplici «segni» in quanto quei «segni» sono significanti di significati, cioè sono la materializzazione grafica di concetti, idee, sentimenti, emozioni, conoscenze, concezioni del mondo materiale e soprannaturale, sintesi grafica di storie umane, di eroi, di miti e di dèi, quindi sono carichi di contenuti che in genere ci sfuggono in quanto espressioni linguistiche di comunicazione di culture molto lontane dalla nostra e delle quali non conosciamo più i codici di lettura. I simboli sono la concretizzazio-ne grafica di atti di fede: linguaggio palese per coloro che li usano e che li conoscono; linguaggio ermetico e inspiegabile per coloro che li osservano senza conoscerne la genesi, i contenuti dei quali sono intrisi, l
Within the different prehistoric and protohistoric cultures that produced figurative culture, the iconograms and ideograms shared by the cultural community or social group were of a conventional type, that is, of common knowledge and use and at the same time analogue, that is, able to evoke relationships between the concept, the concrete object, the event, the myth and their representation. The engraved works, sculpted, carved, shaped, graffiti and painted discovered now all over the world and object in these last hundred years of analysis - often misdefined by us artistic in reality, for those who have realized them, are "sacred history" and meta-language. The signs, which perhaps for convenience we often call symbols, are infinite and are the result of the metaphysical subtlety of language and its articulated structure. But symbols are not mere "signs" because those "signs" are significant meanings, that is, they are the graphic materialization of concepts, ideas, feelings, emotions, knowledge, conceptions of the material and supernatural world, graphic synthesis of human stories, heroes, myths and gods, so they are loaded with content that generally escapes us as linguistic expressions of communication of cultures very far from our own. Symbols are the graphic realization of acts of faith: overt language for those who use them and who know them; airtight and inexplicable language for those who observe them without knowing their genesis, the contents of which they are imbued, the
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