Ognuno riconosce i suoi - 9788865597309

Ognuno riconosce i suoi: Milano, anni Novanta. Ogni giorno Caterina raggiunge l'ospedale dove è ricoverato il cugino Michele, si siede e aspetta. L'infermiera giovane con gli occhiali spessi, a cui ogni tanto domanda se lui riesca a sentirla, le risponde che non ci sono certezze in casi del genere; c'è chi prova con la musica, qualcuno legge a voce alta, altri parlano e fingono di non accorgersi delle risposte che non arrivano mai. Caterina ha comperato un quaderno, fogli spessi e bianchi su cui ricostruire la storia sua e di Michele, e della loro famiglia. Un modo per riordinare quelle «tessere della memoria» che compongono il passato, e per tracciare una strada che ricondurrà Michele a casa, quando si sveglierà stordito e confuso, come un cane bastardo strappato troppo presto alla tana. I primi ad affacciarsi sulla pagina sono naturalmente Sandro e Teresa, i genitori. Al tempo della nascita di Caterina, Sandro lavorava per una grande multinazionale americana: giacca e cravatta dal lunedì al giovedì, il venerdì un anticipo di weekend in camicia. Teresa allora era la più giovane insegnante di matematica dell'istituto tecnico. Disegnava sulla lavagna con i gessetti colorati e nella voce aveva la poesia di certi giorni d'estate. Michele aveva quattro mesi quando sua madre, Anna, la sorella di Sandro, lo lasciò tra le sue braccia. Piccola, agile, uno scricciolino col naso affilato, labbra carnose e una passione per violino e viola, in quei giorni di venti anni prima Anna non poteva prendersi cura del suo bambino. Inseguiva la sua guerra. Una guerra di cui i giornali del tempo non parlavano apertamente
Milan, 1990s. Every day Catherine reaches the hospital where her cousin Michele is hospitalized, sits and waits. The young nurse with thick glasses, to whom she occasionally asks if he can hear her, answers that there is no certainty in such cases; there are those who try with music, some read aloud, others speak and pretend not to notice the answers that never come. Catherine bought a notebook, thick and white sheets on which to reconstruct the story of her and Michele, and their family. A way to tidy up those "memory tiles" that make up the past, and to chart a path that will lead Michael home, when he wakes up stunned and confused, like a bastard cane snatched too soon from the lair. The first to look at the page are of course Sandro and Teresa, the parents. At the time of Caterina's birth, Sandro was working for a large American multinational: jacket and tie from Monday to Thursday, on Fridays an advance of weekend in a shirt. Teresa was then the youngest math teacher at the technical institute. He drew on the chalkboard with colored chalks and in his voice had the poetry of certain days of summer. Michele was four months old when his mother, Anna, Sandro's sister, left him in his arms. Small, agile, a wren with a sharp nose, fleshy lips and a passion for violin and purple, in those days twenty years before Anna could not take care of her baby. He was chasing his war. A war that the newspapers of the time did not speak openly