Un italiano in America -

Quand’eravamo noi gli albanesi, i polacchi, gli ucraini; quand’eravamo noi gli zingari: «Si trattadi agglomeratidi casacce ributtanti,dove a gente vive accatastata peggiodele bestie. In una sola stanza uomini,donne, cani, gatti e scimmie mangiano edormono insieme, senz’aria né uce. Eppure moltadi quela gente, che non si ava mai e che con squalide mogli e figli cenciosi occupa queste stamberghe malsane, elemosina e risparmia. Un giorno, seduta sula scalinatadi una tra e case più nere, ho visto unadonna italiana che, col seno scoperto, alattava uno scimmiotto come fosse un bambino. a scimmia era ammalata; e a femmina, mogliedi un suonatored’organetto, tentavadidarle il proprio atte». Ecco ’agro, amarissimo, tomodi Adolfo Rossi; ecco ’agro, amarissimo ’Un italiano in AmericÒ. Viene una vogliadi rivederlo stampato,distribuito, rimesso a scaffale e -dalo scaffale - vederlo acquistato, portato a casa, etto e riletto mentre chissàda quale tra gli apparecchi accesidi casa v’è qualche nostro compËsanodimentico che - il nostro - è stato pËsedi grosse navi che andavano, colmedi speranze edi fame. ’Italia, esportatrice migrante, ha mutato il suo ruolo accedendo al rangodi meta: nel farlo s’è scordata il passato, a propria storia, e offese subite. eggere Rossi aiuterebbe, placando a rabbia, gli insulti, e intoleranze.