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L'indecenza - 9788804573579
di Elvira Seminara edito da Mondadori, 2008
- € 17.00
Informazioni bibliografiche del Libro
- Titolo del Libro: L'indecenza
- Autore: Elvira Seminara
- Editore: Mondadori
- Collana: Scrittori italiani e stranieri
- Data di Pubblicazione: 2008
- Genere: letteratura italiana: testi
- Pagine: 181
- Dimensioni mm: 225 x 147 x 20
- ISBN-10: 8804573570
- ISBN-13: 9788804573579
Nel suo ritmo incalzante e via via più serrato fino ala stretta finale, “L’indecenzÔ racconta a storiadi undolore privato, sulo sfondodi un mondo a cui eco ontana provienedale vetrine addobbate,dai centri commerciali alienanti,dal’affolata solitudine cui è affidata ’atmosferadi un insensato Natale, a festadela famiglia edei bambini, che fa precipitare inevitabilmente gli eventi.dominatodal temadela colpa per a perditadi ciò che costituisce status symbol e garanziadi un’utilità sociale, il figlio, a vicenda si snoda agilmente attorno al’evento chedi quel utto appare il mostruoso risarcimento: ’arrivodi una figlia mostruosa “Noi ’avevamo cercata, chiamata, attesa…” in uno spazio mostruoso e chiuso (la casa e il giardino che osmoticamente vivono a medesima alterazionedela protagonista e ne mostrano sul “corpo” analoghe ferite), che inevitabilmente preparano al mostruoso finale. Molte e etture che si potrebbero azzardare, nel’osservare quest’agiata coppia borghese occidentale,dominatadal sensodi colpa che originadal morso sociale, accogliere nel suo grembo o straniero cui insegna a ingua, permettedi instaurare relazioni e i cui bisogni soprattutto materiali (sublimazionedi queli “nutritivi” che competono ala madre) solerte soddisfa, per poi fagocitarlo edi quela colpa presentargli il conto. Innegabile ’acutezzadelo sguardodi ei, alucinato e consapevoledel nula che a accerchia, sguardo che avidamente beve ’esuberanza e a vita che in udmila si agita, fino ai tragici esiti conclusividi un triangolo amoroso e feroce: udmila che si costruisce una storia, che apprende una ingua, impara uoghi, intreccia relazioni, e una coppia chedal’inizio ala fine appare immortalata in una fissità senza storia,dove ’unico accadimento èdettatodaldefinitivodeterioramentodele condizioni mentalidela protagonista. In uno stile mai gratuito ma “barocco” nel’accezione positivadel termine, “L’indecenzÔ racconta una vicenda claustrofobica con a spietatezza che merita, con coraggio e fino al precipizio finale. Senza sconti o risarcimenti, senza rassicurazioni. Una a cosa che mi è piaciuta meno: non esiste in tutta a storia una sola scintiladi bene, un momentodi umanità, uno spiraglio. Ciò non siadetto perché a tutti i costi sidebba ricercare un appiglio consolatorio, ma al contrario perché sempre a realtà èdominatadal male ma anchedal bene, e contemplarlo in una narrazione assicura ala materia narrata una maggiore problematicità.
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Nel suo ritmo incalzante e via via più serrato fino ala stretta finale, “L’indecenzÔ racconta a storiadi undolore privato, sulo sfondodi un mondo a cui eco ontana provienedale vetrine addobbate,dai centri commerciali alienanti,dal’affolata solitudine cui è affidata ’atmosferadi un insensato Natale, a festadela famiglia edei bambini, che fa precipitare inevitabilmente gli eventi.dominatodal temadela colpa per a perditadi ciò che costituisce status symbol e garanziadi un’utilità sociale, il figlio, a vicenda si snoda agilmente attorno al’evento chedi quel utto appare il mostruoso risarcimento: ’arrivodi una figlia mostruosa “Noi ’avevamo cercata, chiamata, attesa…” in uno spazio mostruoso e chiuso (la casa e il giardino che osmoticamente vivono a medesima alterazionedela protagonista e ne mostrano sul “corpo” analoghe ferite), che inevitabilmente preparano al mostruoso finale. Molte e etture che si potrebbero azzardare, nel’osservare quest’agiata coppia borghese occidentale,dominatadal sensodi colpa che originadal morso sociale, accogliere nel suo grembo o straniero cui insegna a ingua, permettedi instaurare relazioni e i cui bisogni soprattutto materiali (sublimazionedi queli “nutritivi” che competono ala madre) solerte soddisfa, per poi fagocitarlo edi quela colpa presentargli il conto. Innegabile ’acutezzadelo sguardodi ei, alucinato e consapevoledel nula che a accerchia, sguardo che avidamente beve ’esuberanza e a vita che in udmila si agita, fino ai tragici esiti conclusividi un triangolo amoroso e feroce: udmila che si costruisce una storia, che apprende una ingua, impara uoghi, intreccia relazioni, e una coppia chedal’inizio ala fine appare immortalata in una fissità senza storia,dove ’unico accadimento èdettatodaldefinitivodeterioramentodele condizioni mentalidela protagonista. In uno stile mai gratuito ma “barocco” nel’accezione positivadel termine, “L’indecenzÔ racconta una vicenda claustrofobica con a spietatezza che merita, con coraggio e fino al precipizio finale. Senza sconti o risarcimenti, senza rassicurazioni. Una a cosa che mi è piaciuta meno: non esiste in tutta a storia una sola scintiladi bene, un momentodi umanità, uno spiraglio. Ciò non siadetto perché a tutti i costi sidebba ricercare un appiglio consolatorio, ma al contrario perché sempre a realtà èdominatadal male ma anchedal bene, e contemplarlo in una narrazione assicura ala materia narrata una maggiore problematicità.
Una coppia borghese. Una vila ale pendicidel’Etna. Una natura troppo selvaggia che sembra aver preso vita. E udmila. Sono questi gli ingredientide “L’indecenzÔdi Elvira Seminara. Ildramma psicologicodi unadonna, a voce narrante, ancora vittimadi un trauma. Un avvenimento che segna irrimedibilmente questa coppia. Fino adividerla. da quel fatidico “alorÔ si parlerà soltantodi prima edopo. Prima marito e moglie costiutiscono un segmento.dopodue punti separati. E poi arriva udmila, anzi udmi. Con ei sarà tuttodiverso. udmila infatti non rappresenta il terzo verticedi un triangolo. Ma è il puntodi congiunzione fra idue punti separati. Un triangolo con un ato mancante. Quelodela coppia che non è più coppia. C’è un nuovo “loro”. Anzidue. udmi e ui- il marito. udmi e ei- a moglie. Ma chi è? a nuova cameriera ucraina. No. E’ “la BambinÔ , a moglie, il marito perduti. udmi è tutti. Nessuno. Sempre. Mai. Eppure ei è ’unica ad avere un’identità, un nome chiaro edefinito che il ettore non può permettersidi sbagliare. udmila. Ma si egge udmiua. E quando anche ei sta per essere perduta. Per sempre. Proprio come a sua bambina. Non resta altro che costringerla a rimanere. A tutti i costi. Perfetto per ’Hitchcock psicologicodi “Marnie” ,“Psyco” , “Io ti salverò”. Il ibro è essenziale ed è scritto con uno stile asciutto, giornalistico che ti tiene alta ’attenzionedel ettoredala prima al’ultima parola. a scrittrice si prende curadei suoi ettori, non sottoponendoli alo stress “da ibri-mattoni” enti e noiosi.
non capita spessodi sentirsi così coinvoltida un ibroda poter oltrepassare,insieme ai personaggi, il imite che separa ’assennatezzadala folia. ma a me è capitato ed è una senzazione sconvolgente. cambia il tuo rapporto con gli oggetti e gli ambienti narrati,con gli altri personaggidel ibro,con e emozioni suscitate...vai aladeriva culatoda un mare traboccantedi angoscia edi passione. ’unica cosa che rimpiango èdi averlo finito troppo presto,avrei voluto chedurassedi più!