Il timore di Dio - 9788834338605

Il timore di Dio: Il tondo di Bosch riprodotto in sovracoperta rappresenta, secondo la critica, la forma dell'occhio di Dio: nell'«iride» sono illustrate le scene della Passione di Gesù; nella «pupilla» viene raffigurato un pellicano, l'uccello che nell'iconografia medievale simboleggiava il Cristo, perché dà la vita ai suoi piccoli nutrendoli con il proprio sangue. Questo saggio, divenuto ormai un classico, può essere considerato come una riflessione, geniale e originalissima, sullo sguardo di Dio e su ciò che esso suscita nell'uomo. A tale sguardo è impossibile sottrarsi: è una buona notizia o una scoperta inquietante? Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, avverte il sentimento della possibile ambiguità di Dio: dietro un volto in apparenza buono e promettente, Egli ne cela forse uno preoccupante e minaccioso. Questo sospetto alimenta la paura, perché ci fa sentire nudi ed esposti a un occhio che scruta implacabilmente la nostra inadeguatezza. È così che l'esperienza religiosa universale immagina Dio, al modo di un Faraone strapotente, nello stesso tempo e senza criteri apprezzabili prodigo di favori e dispensatore di disgrazie. È la religione della paura e dell'assoggettamento servile. Gesù dissipa le nebbie di questa ambiguità con un'inaudita folgorazione sulla verità di Dio, quella che spesso ci si rassegna a considerare pura illusione: Dio, fin dalla creazione del mondo, e dopo ogni colpa, è passione inestinguibile e tenera cura per l'uomo. È questa, e solo questa, l'intenzione di Dio che il Figlio rivela restituendo al desiderio di vivere poveri, ciechi, zoppi, lebbrosi e peccato
Bosch's round, reproduced on the deck, represents, according to critics, the shape of God's eye: in the "iris" the scenes of the Passion of Jesus are illustrated; in the "pupilla" is depicted a pelican, the bird that in medieval iconography symbolized Christ, because it gives life to its little ones by nourishing them with its own blood. This essay, which has become a classic, can be considered as a reflection, brilliant and original, on the gaze of God and on what it arouses in man. It is impossible to escape from this view: is it good news or a disturbing discovery? Each of us, at least once in our lives, feels the feeling of God's possible ambiguity: behind a seemingly good and promising face, He perhaps hides a worrying and threatening one. This suspicion fuels fear, because it makes us feel naked and exposed to an eye that implacably scrutinizes our inadequacy. This is how the universal religious experience imagines God, in the manner of an overpowering Pharaoh, at the same time and without appreciable criteria prodigal of favors and dispenser of misfortunes. It is the religion of fear and servile subjugation. Jesus dispels the mists of this ambiguity with an unprecedented electrocution on the truth of God, what we often resign ourselves to consider pure illusion: God, since the creation of the world, and after all guilt, is untimely passion and tender care for man. This is, and only this, the intention of God that the Son reveals by returning to the desire to live poor, blind, lame, leper and sin